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Noi siamo malati.
Viviamo molto meglio da quando lo abbiamo ammesso a noi stessi. Soffriamo tutti, indistintamente, di una malattia che si chiama fantacalcio.
Da due anni abbiamo messo su un torneo a due leghe, serie A e serie B, con dodici squadre in ognuna, tre promozioni e altrettante retrocessioni, Coppa dei Campioni, Europa League e Supercoppa. Per la Mavi League Roma Sud abbiamo infranto amicizie, ci siamo insultati, picchiati e disprezzati. E il 31 maggio 2015, nel momento in cui è finita la stagione fantacalcistica 2014/2015, ci siamo ritrovati come Linus senza la rinomata coperta.

Quattro mesi senza fantacalcio dopo esserci scambiati, fino a quel momento, una media di 1,000 Whatsapp al giorno sull’argomento. Non potevamo farcela. Per questo abbiamo sentito il bisogno di fermare un punto nel futuro, di creare una certezza che ci permettesse di andare avanti senza la quotidiana dose di metadone. E per questo abbiamo prenotato la sala riunioni Mikado all’Atahotel Executive di Milano, dove si svolge il vero calciomercato. Perché eravamo convinti che il nostro, di mercato, non avesse niente da invidiare a quello vero (Se avete idea di cosa voglia dire proporre a ventiquattro trentacinquenni romani di prendere un treno per andare a Milano con il solo scopo di fare l’asta del fantacalcio, e sentirsi rispondere all’unanimità “sì, cazzo, facciamolo,” be’… allora forse siete malati almeno la metà di noi).

Per la prima volta da quasi cinque anni, l’11 settembre 2015 vado al lavoro in giacca e cravatta, ma la cosa grave è che l’unico motivo per cui lo faccio è che devo andare all’Atahotel Executive a fare l’asta del fantacalcio.
…su questo particolare sorvolo con il mio datore di lavoro quando esco dall’ufficio in anticipo per andare a prendere il treno, adducendo come scusa “improrogabili impegni familiari” nella città di Manzoni. Nel momento in cui entro all’Atahotel mi si fa incontro la responsabile delle prenotazioni che mi chiede dove sia diretto. Faccio i nomi dei miei colleghi fantallenatori che hanno prenotato, lei annuisce scorrendo una lista con una stilografica e mi dice:
“Ah sì, sala Mikado. Per una convention, giusto?”
“Be’, più o meno…” le rispondo imbarazzato, convinto che, se le rivelassi il vero motivo della mia venuta, probabilmente penserebbe a una scena di ragazzini con la maglia della Roma che litigano urlando “facciamo che io ero Totti” e “no, voglio essere io ero Totti!”
Nella sala Mikado siamo tutti o quasi in completo, perfino i due (uno in A, uno in B) che non hanno potuto partecipare di persona e stanno facendo l’asta via Skype. Ognuno di noi ha davanti a sé un cartello con il nome e il simbolo della sua squadra. Abbiamo perfino un martelletto da battitore comprato per l’occasione su eBay.
L’asta si svolge come credo si svolga una vera sessione di calciomercato, ma probabilmente con meno fiumi tequila (a meno che non si stia trattando la cessione di Gascoigne).
Verso il finire dell’asta dei centrocampisti mi guardo intorno, guardo questo gruppo di trentacinquenni o quasi, diversi dei quali con almeno un figlio e la fede al dito, sorridenti e felici quando si scannano per accaparrarsi Ntcham, e vedo per la prima volta il fantacalcio per quello che è: un gioco. L’unico gioco che riesce a farci rivivere le stesse sensazioni che provavamo da bambini, di immutata potenza da vent’anni a questa parte: l’adrenalina della vittoria, le incomprensioni e gli screzi, il fomento di essere il migliore. Il campione.
Aspettare il posticipo del lunedì sotto di sei punti rispetto all’avversario e sperare ingenuamente che Lazzari risolva la situazione con una tripletta di tacco (+9) mentre sorseggia un Moscow Mule (+2) con Bonucci che lo insegue in motorino (+1) bestemmiando i santi patroni del Viterbese (-0,5). Aspettare tutto ciò come se fosse realmente possibile e non perdersi d’animo quando, sorprendentemente, non accade.
Mettersi l’anima in pace, maledire i 5,5 a Hysaj e aspettare la prossima partita, un nuovo inizio, perché si ricomincia a giocare.
Infatti, a pensarci bene: un gioco? Ma di che diavolo state parlando?
Claudio Delicato - La mia Lega Fantagazzetta