I sassolini nella scarpa non mancano. Due in particolare, entrambi legati a due eliminazioni. Gli unici precedenti tra Napoli e Real Madrid. Uno nel periodo d’oro, quello del Pibe, di quando il Napoli debuttò nella massima competizione europea e il sorteggio sbeffeggiò i partenopei per la più crudele delle pedagogie, insegnando subito l’altezza del torneo e il suo grande cinismo. L’altro più recente, nel mezzo del triennio di Sarri, con Mertens a illudere Napoli nel primo tempo della partita di ritorno. Prima di cedere al pragmatismo di quel Real che avrebbe poi conquistato quell’edizione.

Un sedicesimo di finale nel 1987 e un ottavo nel 2017. Trent’anni di distanza tra due sfide che, visto l’avversario, sono il vertice del prestigio del calcio mondiale. La più titolata di sempre spesso è stata la “misura di tutte le cose”, a dimensione assoluta della capacità di pararsi con coraggio davanti alla squadra che ogni anno è tra le favorite della Champions League.

Nel 1987, dopo una gara rocambolesca di andata giocata nel silenzio di un Bernabeu sanzionato, i sogni del Napoli di Maradona si infransero sulla linea di porta sotto il sedere del portiere spagnolo (parata quasi involontaria su conclusione ravvicinata di Careca) dopo che nella prima sfida Giordano aveva spedito alto un tiro a porta vuota che ancora reclama il gol che avrebbe cambiato gli equilibri della partita di ritorno. E quel Napoli, se fosse riuscito a eliminare il Real, il primo tempo a Fuorigrotta fu tra i più grandi mai giocati dal Napoli nella sua storia, avrebbe avuto tutte le carte in regola per arrivare in fondo e per vincere.

Nel 2017, dopo il 3-1 patito in Spagna, a Napoli, sempre nel primo tempo, dominò le merengues costringendole e una sofferenza tattica che chiuse la prima frazione sull’1-0 per gli azzurri. Nella ripresa solo l’astuzia e l’esperienza di Ramos riportarono il Real sugli equilibri della qualificazione, nonostante un Napoli in grado di esprimere una grande qualità di gioco.

Il Napoli, quindi, non ha mai battuto il Real Madrid. Pochi i precedenti, ma tutti significativi. Adesso la doppia sfida vale un girone di Champions che non ha ancora rivelato i suoi equilibri. Il Real è la favorita per vincerlo e il Napoli è quella per contendergli il primato, con buona pace delle altre due. Sia il Napoli che il Real vengono da due successi molto sofferti e conquistati fortunosamente nei minuti finali. La sfida del Maradona non vale ancora la qualificazione, ma può spostare notevolmente le gerarchie del raggruppamento. Ragion per cui la partita non esclude alle squadre la possibilità del calcolo rispetto al fatto di avere due risultati su tre, sebbene sia l’una che l’altra sono votate a un tipo di gioco alla ricerca della vittoria.

A Napoli fa il suo ritorno l’ex Ancelotti. Il tecnico, che all’ombra del Vesuvio non ha vissuto un’esperienza esaltante, ritrova un Napoli rinnovato rispetto a quello lasciato pochi anni fa. Per la gara sulla carta più complicata del Real l’allenatore italiano dovrebbe schierare il suo 4-3-1-2 con Carvajal e Mendy esterni, Kroos in regia, Bellingham a sostegno del reparto d’attacco che ha recuperato definitivamente anche Vinicius.  Garcia dovrebbe affidarsi all’inedita e in fase di collaudo linea difensiva formata da Ostigard e Natan. Olivera è favorito su Mario Rui, mentre mediana e attacco sembrano abbastanza prevedibili, con Lobotka in regia, Anguissa e Zielinski interni e Kvara e Politano a sostegno di Osimhen

Gli spunti tattici non mancheranno, così come sono previsti duelli e confronti individuali. Soprattutto sulle corsie esterne. Entrambe le squadre giocano facendo alzare i fluidificanti e portando molti uomini a ridosso della trequarti e dell’area di rigore avversarie. Sarà molto importante saper gestire i cambi e gli equilibri difensivi, sia in fase di non possesso che di recupero palla. Il Real Madrid possiede un tasso tecnico elevatissimo. Questo costringerà il Napoli a dover sbagliare il meno possibile, così come sarà determinante la capacità di sfruttare le palle goal. 

Il Napoli ha davanti a sé una sfida che non è da dentro fuori, ma che ha un valore fondamentale anche in termini psicologici. Sarà decisivo giocarla interamente alla grande, evitando di poter ricordare soltanto il “primo tempo”.