“You never get fed up scoring goals”
(Alan Shearer)
9 aprile 1988: la Premier League si chiama ancora First Division, Alex Ferguson è da qualche mese l’allenatore del Manchester United, ed al The Dell di Southampton arriva l’Arsenal di George Graham, Tony Adams ed Alan Smith. Danny Wallace, l’attaccante titolare dei Saints, è infortunato: l’allenatore Chris Nicholl pensa e ripensa, finché decide di lanciare dal primo minuto un ragazzo delle giovanili che ha fatto esordire due settimane prima. Lo chiama il giovedì, lo avvisa, lui pare non crederci. Poi scende in campo, da titolare: ha 17 anni e 240 giorni, quel giorno segna una tripletta ed il Southampton batte l’Arsenal 4-2. Ha 17 anni e 240 giorni, e si chiama Alan Shearer.

Shearer con la maglia del Southampton nel 1990 (getty images)
Alan Shearer porta lo stesso nome del papà, operaio di Gosforth, la Newcastle povera. Una città industriale, nord inglese, fatta di fabbriche e nebbia: per Alan junior sarà, per tutta la vita, il posto più bello del mondo. Gioca a pallone da quando è piccolo, Shearer, ed a 15 anni è già sulla bocca di tutti. Lo cerca il Manchester City, lo cerca il West Bromwich, lo cerca pure il Newcastle, la sua squadra del cuore: ma lo cercano a parole. Jack Hixon, invece, lo cerca a fatti: lo va a vedere giocare, lo carica in macchina e lo porta a Southampton con un contratto giovanile. All’Academy dei Saints cresce, poi esordisce coi grandi, e poi quella tripletta all’Arsenal, il 9 aprile 1988, che gli vale il primo contratto da professionista.
I tre anni successivi saranno prima di ambientamento, poi di sacrificio per la squadra: i goal non arrivano, ma i supporters dei Saints adorano il lavoro di Alan, quello sporco, spalle alla porta, che favorisce le ali: viene così eletto miglior giocatore della squadra per la stagione 1990/1991 nonostante i soli quattro goal segnati in 36 partite. Ma è solo l'anticamera del successo, che comincia l'estate successiva: Shearer viene convocato dall'under 21 inglese per il Torneo di Tolone, il suo nome compare sul tabellino sette volte in quattro partite, torna a Southampton e finalmente va in doppia cifra: nel 1991/1992, ultimo anno della vecchia First Division, segna 13 goal che gli valgono l'interesse delle grandi d'Inghilterra, su tutte il Manchester United. Oltre ai Red Devils, però, ad avanzare una proposta sono i Blackburn Rovers. La società del Lancashire era stata acquistata tre anni prima da Jack Walker, imprenditore e tifoso di vecchia data, che li prende nella Second Division e comincia ad investire: prima si concentra sulla panchina, affidando a Kenny Dalglish il compito di risalire in First Division; poi, si cerca l'attaccante che li avrebbe guidati al successo. E l'attaccante, manco a dirlo, è il ventiduenne del Southampton: per averlo Walker sborsa 3 milioni e mezzo di sterline, per l'epoca cifra record, e lo strappa a Ferguson. La prima partita in Premier League, Shearer la gioca con i Riversiders: 15 agosto 1992, contro il Crystal Palace finisce 3-3, Alan trova la doppietta all'esordio. Finisce la storia, comincia la leggenda.
Nei quattro anni passati a Blackburn, Shearer segna 112 goal: il primo anno sono solo 16, anche a causa di un brutto infortunio al crociato, ed i Rovers finiscono quarti; nel secondo sono 31, ed ancora non bastano a vincere la Premier, che va di nuovo al Manchester. Il terzo è quello buono: Alan trova la rete 34 volte e porta al Blackburn la vittoria, all'ultima giornata: fino al City 2011/2012, i Riversiders saranno l'unica squadra extra-big four a vincere il massimo campionato inglese. Il '95/'96 sarà l'ultimo ad Ewood Park: l'attaccante segna ancora 31 goal, chiudendo uno splendido ciclo di quattro anni con un settimo posto ed una brutta eliminazione dalla Champions League.
Il 1996 è anche l’anno della definitiva consacrazione internazionale. Shearer aveva debuttato nell’Inghilterra a suo modo, segnando contro la Francia nel febbraio del 1992. Era entrato al campo al posto di Gary Lineker: fu un vero e proprio passaggio di consegne. L’infortunio al crociato gli impedì di concludere la fase di qualificazione ad USA ’94, fallimentare per l’Inghilterra che non riuscì a staccare il biglietto per l’America. Poi, appunto, il 1996, e l’Europeo casalingo: Big Al segna cinque goal in cinque partite, diventa capocannoniere del torneo e solo i rigori con la Germania gli impediscono di arrivare alla finale.
Arriva, quindi, il momento del ritorno a casa. Nell’estate del 1996 molte squadre si fanno avanti per acquistare Shearer, su tutte la Juventus, il Barcellona e l’immancabile Manchester United. Ma c’è pure il Newcastle, ed Alan non se la sente di dire no alla squadra per cui tifava da bambino: per portarlo sul Tyne, i Magpies sborsano 15 milioni di sterline: un altro record. Nella sua città natale Shearer trova in panchina Kevin Keegan, uno dei suoi eroi da bambino. I risultati, però, non saranno mai esaltanti: al primo anno un secondo posto ed una finale di FA Cup persa, così pure l’anno successivo, con Gullit in panchina; poca Champions League, e comunque mai oltre i gironi. Questo nonostante in panchina s’alternassero nomi del calibro di Bobby Robson e Graeme Souness. Dopo gli Europei del 2000, il ritiro dalla nazionale per dedicarsi completamente al Newcastle: rimarrà ancora per sei anni, fino al 2006, giusto in tempo di battere il record di goal segnati in Premier League: alla fine della carriera, saranno 206.
Shearer è stato uno dei migliori attaccanti della sua generazione. Probabilmente, fra l’ultimo Van Basten ed il primo Ronaldo, per un anno o due è stato anche il migliore del mondo. Innamorato della rete, genio e regolatezza, è stato sempre troppo impegnato ad occupare le pagine dei quotidiani sportivi per occuparsi dei tabloid: tutto casa e famiglia, il tempo libero lo passava con la moglie ed i tre figli o giocando a golf, estremo atto di emancipazione dalla realtà operaia in cui è cresciuto. Un calciatore d’altri tempi, Alan Shearer, come d’altri tempi era il braccio alzato dopo ogni goal. Un’esultanza che sa di bianco e nero, di semplicità, di spontaneità: una semplice assunzione di responsabilità – sì, sono stato io. Ancora una volta.
Goal di Shearer nelle giovanili del Southampton, 1988. Manco a dirlo: braccio alzato.
Antonio Cristiano
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