di Antonio Cristiano

 

L'inizio è a Napoli, negli anni '90. La società è già avviata verso un lento declino - la spina verrà staccata solo nel 2004, dopo dieci anni di sofferenze - ma il sogno dei ragazzi che giocano a pallone rimane la maglia azzurra, qualunque sia la categoria. La primavera azzurra lavora, ma a rilento. Non sono tanti i talenti che vengono fuori dalle giovanili in quei periodi, vuoi (soprattutto) per la mancanza di investimenti, vuoi per l'attenzione sempre maggiore delle società del nord, pronte ad allungare le mani sui tredicenni più promettenti. Aniello Cutolo è uno dei ragazzi che promette e dopo la scuola calcio a Soccavo (come direbbero quelli bravi: "a due passi dal Centro Paradiso, dove si allenava Maradona") arriva alle giovanili azzurre: è il 2000, è la Primavera di Caffarelli che fra le promesse mai mantenute conta Giorgio di Vicino, Emanuele Troise e Antonio Floro Flores. Aniello è un dieci vecchio stampo, ma dopo la trafila si rende conto che a Napoli, qualunque sia la categoria, non c'è verso di trovare spazio: tocca il giro delle serie minori. Dopo Benevento in C1 e Giugliano e Lodigiani in C2, arriva l’occasione della B, con l’Arezzo: 10 presenze in sei mesi, poi la cessione nel mercato invernale. Destinazione Verona.

 

Ha 23 anni, Aniello, quando arriva nella città degli innamorati. In panchina c'è Ficcadenti; in squadra Mattia Cassani, Alessandro Rosina, Andrea Cossu, Gianluca Pegolo, la bandiera Adailton. Poche presenze, in quei sei mesi: dopo un campionato anonimo, il Verona rimane in Serie B. L’anno successivo parte di quella squadra viene ceduta, ma Cutolo rimane: è la sua grande possibilità di giocare un campionato da protagonista in B. Non è però un’annata positiva, per l’Hellas: a dicembre salta la panchina di Ficcadenti, la squadra è in piena zona retrocessione e per tentare la disperata salvezza viene chiamato Giampiero Ventura, che riesce solo ad evitare i danni e a portare faticosamente i gialloblu ai playout. Le date stabilite sono il 15 ed il 21 giugno 2007, l’avversaria lo Spezia. Il Verona ha due punti di vantaggio, che consentono di giocare il ritorno in casa. All’andata, in Liguria, sembra andare tutto per il meglio: nel primo tempo Sibilano porta in vantaggio i gialloblu. E poi, a Cutolo capita l’occasione per chiudere la partita: solo davanti al portiere avversario Santoni, incredibilmente, calcia lontano. Il resto è una tragedia: segna prima Saverino su rigore, poi Do Prado beffa Pegolo con un tiro dalla distanza. Finisce così, 2-1. Ed al ritorno sarà 0-0. Verona in Serie C.

 

 

La carriera di Cutolo in gialloblu finisce così: troppa pressione dopo quel goal sbagliato e la crocefissione pubblica a cui viene destinato. Perché invece di parlare dell'errore di Pegolo sul gol di Do Prado, o di un campionato mediocre, in città la colpa della retrocessione ricade sul giovane napoletano e su quel tiro a lato. Un'occasione destinata a non essere dimenticata. Dopo i due anni in B, Aniello deve ricominciare dalla C1, che poi diventa Lega Pro: prima Taranto, poi Perugia nel pre-fallimento. E, finalmente, di nuovo cadetteria: due anni ottimi a Crotone gli valgono l’interesse del Padova, che lo acquista nell’estate del 2011. Proprio quando il Verona del primo Mandorlini risale in Serie B: è il Verona che nei play-off aveva battuto Sorrento e Salernitana; è il Mandorlini che canta “Ti amo terrone” alla presentazione della squadra.

 

16 settembre 2001, quinta giornata del campionato di Serie B: al Bentegodi si gioca Verona-Padova. Cutolo torna in Veneto quattro anni dopo quel goal sbagliato. Verona non ha dimenticato, per un motivo o per un altro. Aniello diventa bersaglio di tutto il Bentegodi: fischi assordati partono dal riscaldamento, ed ogni volta che tocca la palla durante la partita. Poi arriva il 28’, e Cutolo risponde con un tiro a giro da poco più di 20 metri, in mezzo ai fischi, che continuano quando l’attaccante del Padova esplode in un attacco di gioia rabbiosa, un fuoco d’artificio che sa di rivalsa. Polemiche, giri di campo, “muti, muti”, ringraziamenti sparsi alla squadra, e muso duro contro Foschi e Mandorlini, che viene espulso. Cutolo si scuserà per l’esultanza scalmanata, e sulla rabbia dell’allenatore del Verona dirà: “Voglio ricordare che Mandorlini è stato il primo a fare un coro un po’ eccessivo: deve stare tranquillo”. E il piatto freddo della vendetta è servito.