di Antonio Cristiano
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31 maggio 1996, Barcellona: si gioca la finale del campionato europeo under 21. Da una parte c'è l'Italia, dall'altra la Spagna. Due formazioni piene di giocatori che avrebbero fatto la storia: nelle Furie Rosse c'erano Morientes, Raul, Mendieta e Ivan De la Peña, uno che allora sembrava essere destinato a spaccare il mondo; Cesare Maldini non aveva Del Piero, convocato da Sacchi per gli europei dei grandi, c'erano comunque Cannavaro, Tommasi e Totti. E c'era Buffon, un ragazzo di diciassette anni che da lì a poco sarebbe diventato il miglior portiere del mondo. Eppure l'allora portiere del Parma giocò quell'europeo under 21 da riserva. Davanti aveva un'altra grande, grandissima promessa, uno di quelli che si stava preparando a un futuro di successi: il ventiduenne Angelo Pagotto.
Pagotto aveva giocato la stagione precedente nella Sampdoria, da portiere titolare. Non lo sapeva ancora, ma quell'estate sarebbe stato acquistato dal Milan, che lo riteneva pronto al grande, grandissimo salto. Ma Angelo Pagotto è sfortunato, e a 23 anni non ancora compiuti si trova a giocare in uno dei peggiori Milan di sempre: è l'anno dell'undicesimo posto, il giovane portiere non eccelle e anzi regala qualche papera di troppo, tanto che a metà stagione è già in panchina e in porta ci va Seba Rossi, uno che ha l'esperienza e le spalle larghe per sopportare anche un'annata balorda. Le spalle grosse, invece, Pagotto non le ha ancora. E non ha nemmeno qualcuno che gliele guardi: nel '97 va in prestito ad Empoli, sempre in Serie A, ma gioca solo quattro partite. Il Milan lo scarica, e lui decide di ricominciare. Dalla Serie B. Da Perugia.
In Umbria Pagotto gioca titolare: è la squadra di Serse Cosmi, quella con Materazzi, Matrecano, Rapaic e Melli. Quella che a fine anno conquista una storica promozione in Serie A. Nella massima serie, però, gioca poco: presto diventa il secondo di Mazzantini, e allora decide di andare via, a giocare. Per ricominciare. Dalla Serie B. Da Reggio Emilia. Nella seconda parte del campionato di Serie B 1998/1999 è titolare, gioca bene. Torna a Perugia, ufficialmente da riserva di Mazzantini, ma vuole giocarsi di nuovo un posto in A. Il posto lo trova, ma in panchina. È sempre il secondo di Mazzantini, e scende in campo solo due volte. Poi, succede l'incredibile. È il 20 novembre 1999, la vigilia del ventiseiesimo compleanno di Pagotto: si gioca Fiorentina-Perugia. Dopo la partita, per la terza giornata di fila e nonostante non fosse stato schierato titolare, viene chiamato al controllo antidoping. A fare il test con lui c'è l'uomo copertina del Perugia di Gaucci, Hidetoshi Nakata. Alla fine, il giapponese risulterà pulito. Pagotto no: positivo alla cocaina, squalificato per 24 mesi Una settimana dopo, Nakata viene venduto alla Roma per 50 miliardi.
Una vicenda oscura, una storia di calcio in cui sembra che Pagotto sia stato l'agnello sacrificato sull'altare eretto all'assegno che i Sensi avrebbero staccato a Gaucci da lì a pochi giorni. Il portiere si è sempre detto innocente, e ha visto uno spiraglio di giustizia quando il pm di Perugia Sottani lo ha chiamato per l'indagine sul doping dei giocatori del Perugia (non solo Nakata, ma anche Saadi Gheddafi, il figlio del Gheddafi di Libia che, si diceva, si faceva di nandrolone). Ma anche nel penale Pagotto non ha trovato soddisfazione: caso archiviato, nulla di fatto. Il giorno dopo la scoperta della sua positività (o negatività?) il Perugia gli rescinde il contratto: perde un ingaggio da 600 milioni di lire all'anno.
Nei due anni di squalifica si allena da solo. Ritorna in campo nel 2001: il CONI gli abbona quattro mesi di squalifica: si dirà per il suo passato pulito, per la vittoria agli europei (ma si dirà anche, in canali non ufficiali, che non si voleva avere un divario importante con le squalifiche per nandrolone dei pezzi grossi come Davids). Alla fine lui alza la testa e accetta l'offerta della Triestina. Titolare in C1, promozione, titolare in B nell'anno in cui il club guida il campionato per poi crollare nel finale e perdere la Serie A. Per Pagotto quella squadra non era in grado di mantenere il ritmo promozione; la pensava diversamente il presidente Berti: per lui era colpa del portiere, reo di vendersi le partite (sennonché qualche tempo dopo sarà proprio il presidente triestino a essere messo sotto inchiesta per una serie di combine in quel campionato). Pagotto chiede la rescissione con la Triestina, il presidente gliela concede ma poi, in sede di calciomercato, dice in giro che “sul piano tecnico non si discute, ma questo qui si vende le partite”. Sfumano gli accordi con Bologna e Siena, Pagotto riparte da Arezzo, voluto dall'ex ds della Triestina Fioretti.
Si comincia con la C2, poi il ripescaggio in C1. Anni difficili, in cui si deve passare per gli insulti nei campi di provincia (ché lui, innocente o no, è un drogato) e per il difficile divorzio con la moglie, fino ad arrivare al lettino dello psicologo. In campo le cose vanno meglio, in Toscana arriva la promozione in B: un anno da titolare in cadetteria, e la proposta del Torino: accettata, forse un errore, perché nel campionato di B del 2004/2005 non gioca mai. E allora di nuovo la C1, a Grosseto. E ancora in B, col Crotone. E infine, la cazzata. Quella grossa.
28 aprile 2007: si gioca Crotone-Spezia. Dopo la partita Pagotto viene trovato positivo alla cocaina. E stavolta è tutto vero: lo ammetterà lui stesso ai procuratori dell'antidoping. E a rovinarlo definitivamente c'è la prima squalifica, quella che forse è vera ma forse anche no: viene considerato recidivo, i pm chiedono la radiazione, come era successo a Jonathan Bachini. Alla fine, la Corte di Giustizia lo “grazia”, se così si può dire: otto anni di squalifica. Finisce ogni speranza di tornare in campo, e allora ci si comincia a focalizzare su altro: quattro anni fa lo hanno beccato ad allenare i portieri della Sanremese. Ma lui in un campo di calcio non può ancora starci, e allora gli danno altri sei mesi di squalifica, che scadono il 14 dicembre 2015, alla fine di quest'anno.
31 maggio 1996, Barcellona: si gioca la finale del campionato europeo under 21. Da una parte c'è l'Italia, dall'altra la Spagna. Vanno in vantaggio gli azzurrini, autogol di Idiakez. Poi Amoruso viene ingiustamente espulso, e la rojita pareggia: segna un ragazzino di 18 anni che è un fenomeno di quelli veri: Raul Gonzalez Blanco. L'Italia, in dieci, si difende grazie anche alla giornatissima del proprio portiere. Si va ai supplementari, viene espulso anche Ametrano, ma gli azzurrini reggono, ancora. I rigori: il portiere italiano ne para due, a De la Peña e poi proprio a Raul. Ci sono Cannavaro, Totti, Tommasi, Delvecchio e Nesta, ma il vero eroe di quella serata è lui, è il portiere, è il primo di Buffon: Angelo Pagotto. Non lo sapeva ancora, ma quello sarebbe stato il punto più alto della sua carriera.