Ogni cosa è legata ad una tempistica, e molto spesso ben definita. Non esistono margini di manovra, se non parziali, perché col tempo non si può trattare. Non è un interlocutore cedevole, il tempo. Non è Bee Taechaubol né Nicholas Gancikoff, non è disposto a smuoversi di una virgola da quelli che sono i suoi paletti. E non è questione di soldi.

Cedere una società calcistica - e non una società qualsiasi - non è come vendere uno scooter su subito.it. Lì al limite ci si deve curare di fare delle foto carine dell'oggetto, compilare una descrizione ben scritta, completa e che faccia gola ai potenziali acquirenti, e poi semplicemente aspettare. Il Milan, come qualsiasi altro club, è iscritto a un campionato, ha delle sessioni di mercato entro le quali potersi - 'doversi' a questo punto sarebbe esagerata, come espressione - muovere, e soprattutto ha dei tifosi da onorare e rispettare, perché sono loro a generare buona parte del profitto che andrà a esser fatturato da Berlusconi, dai cinesi, dai russi, dagli americani o da chiunque altro deciderà mai di illuderli, con trattative estenuanti e dichiarazioni mendaci.

Quelle per la cessione dell'A.C. Milan, ad esempio, durano già da un paio d'anni. Tra una smentita e una conferma, un annuncio ufficiale ed una dichiarazione di intenti, però, arrivati ad agosto 2016 ancora non hanno portato a nulla, se non a un comunicato che risale ormai a tre mesi fa: «Fininvest ha raggiunto un accordo per un periodo di esclusiva con un gruppo di investitori cinesi relativo alla cessione di una quota dell'Ac Milan». "Periodo d'esclusiva" non meglio (e mai) specificato, quindi, che a tre settimane dall'inizio del campionato ha completamente congelato il mercato in entrata. Il tutto, mentre qualsiasi altra rivale imbastisce campagne di rafforzamento più o meno fruttuose, pianifica il futuro, ma soprattutto si colloca ancor più dinanzi al Milan stesso, nell'ipotetica griglia di partenza della stagione. Una griglia che già dava il Milan posizionato a metà classifica, con poche possibilità d'arrivare anche solo in Europa League.

Non si fa mercato, d'altra parte, perché Berlusconi non ha intenzione di investire altro (a maggior ragione dopo i 90 milioni sostanzialmente bruciati un anno fa) e perché i cinesi, dalla loro, ovviamente non vogliono anticipare neanche uno Yuan, se non hanno in mano il 48%, il 75%, l'80% o il 100% della società. Già, perché evidentemente le parti non hanno ancora neanche deciso definitivamente cosa stanno per vendere e comprare. E intanto Bacca - senza cui il Milan 2015/2016 sarebbe retrocesso o quasi - resta l'unico modo di fare entrate. Per cosa, poi? Prendere Musacchio, José Sosa, Zielinski e, forse, Zaza. Non tutti e 4, ovviamente. Quando, in realtà, a questa squadra servono almeno due difensori centrali di assoluto spessore, un regista che sia tale e che non risponda al nome di Montolivo, una mezzala di qualità, un trequartista vero ed una seconda punta.

Ciò che sarebbe preferibile, evidentemente, è ben altro. Arrivati a questo punto, se Berlusconi ci tenesse ancora al 'suo' Milan, a cui tanto ha dato ma che evidentemente tanto ha dato anche a lui, dovrebbe congelare ogni "periodo d'esclusiva", demandare a Galliani la responsabilità di completare - nei limiti del possibile, visto che il grosso del calciomercato è già stato fatto da chiunque - la sessione estiva con ogni mezzo a sua disposizione ed un minimo di budget fornito dalla proprietà attuale, e decidere solo tra qualche mese cosa fare della sua creatura. Forse basterebbe anche solo questo, per ripristinare un minimo di rapporto coi tifosi, portati allo sfinimento da un numero illogico ed incomprensibile di rinvii, che ha oltrepassato il termine: non si cede una società ad una manciata di giorni dall'inizio del campionato. Ed, ovviamente, non la si cede a campionato appena iniziato, né è ipotizzabile fare mercato a una-due settimane dal termine della sessione.

Alcuni media hanno giustificato i continui ritardi con le motivazioni più assurde e disparate. L'apice s'è addirittura raggiunto quando, intorno a metà luglio, qualcuno ha addirittura detto che "le firme slittano d'una settimana ancora perché i contratti vanno tradotti in tre lingue". Anche la signora dell'emporio alimentare sotto casa mia immagina che, in caso di una cessione di un bene di un italiano a un cinese, nel 2016 serva anche la trascrizione in inglese. E la stessa signora, che ha una nipote di 20 anni che studia lingue all'università, riuscirebbe a farsi tradurre le copie dalla ragazza nell'arco di mezza giornata. E invece no, il tempo passa e le condizioni cambiano. Il tempo passa, e i cinesi cambiano. Il tempo passa, ed il Milan resta. Sempre uguale a sé stesso, come Berlusconi. Troppo uguale a sé stesso, per rendersi competitivo in quest'epoca. L'epoca dei Pogba allo United per 130 milioni, degli Higuain alla Juventus per 90, del Sassuolo in Europa League e dell'Inter - lei, sì - cinese. E nell'arco di un mese, non di due anni. Al 72enne Galliani ed all'80enne Berlusconi, evidentemente, nonostante un passato di esclusiva - quella sì - lucidità mentale e geniale intraprendenza, tutto ciò ancora non è chiaro. A differenza dei tifosi, che hanno realizzato eccome che qualcosa sta andando per il verso storto. E, nei confronti dei quali, ora più che mai servirebbero non le dichiarazioni d'intenti né le indiscrezioni dei media. Ma, piuttosto, un gesto d'amore e di franchezza. Che a ridosso della prima di campionato, peraltro contro uno che se l'è segnata al dito - Mihajlovic - significa rispetto: che Berlusconi, quindi, superati i suoi problemi di salute metta sul piatto altri 40, 50 milioni e dedichi un'ultima stagione al Diavolo che non ha mai fatto pena più di adesso. Tra 5/6 mesi, poi, potrà nuovamente sedersi intorno al tavolo della discordia con Robin Li, Steven Zheng, Sonny Wu, Jack Ma, He Xiangjian, Bee Taechaubol, Nicholas Gancikoff e chiunque altro abbia un nome esotico ed un piede nel mondo della finanza, dell'imprenditoria, delle energie rinnovabili, dei liquori, del web ed una sana passione, quantomeno finanziaria, per il calcio occidentale. Come la aveva il Cavaliere, 30 anni fa. E come, per il bene dei tifosi, deve tornare a farsi avere oggi. E per pochi altri mesi ancora.

Per il bene suo, del Milan, e, soprattutto, per rispetto di chi tiene a entrambi. Oltre che del calcio italiano, e di ciò che ha rappresentato il Diavolo nella sua storia.