È una domanda interessante alla quale nessuno, oggi, può rispondere. Perché sono passati 4 mesi e sembrano 4 anni. Perché entusiasmo, leggerezza e bel gioco li abbiamo lasciati a Wembley. Incomprensibilmente. Dovevamo diventare più forti. Sicuri. Sereni. Forti del titolo vinto. E invece l’Italia si è persa. Senza ragione e senza un perché. Forse seduta su quel risultato straordinario usato come punto di arrivo inconsciamente e non come punto di partenza.

E’ difficile non definirlo un problema atavico o meglio di mentalità. Appagamento da vittoria, tipico del nostro paese. Nel 1982 diventiamo campioni del mondo con una Nazionale che resterà per sempre nei cuori di tutti, una squadra capace di fare tre gol al Brasile. Zoff, Pablito e tre gol pure alla Germania. Nel 1984 riusciamo nell’impresa di non andare agli Europei. Nel 1986 , aggrappati col pensiero a quattro anni prima, siamo impresentabili.

Nel 1990 è il nostro Mondiale si gioca in casa, anni dedicati alla Nazionale bella e non vincente di Vicini. Il rimbalzo psicologico di quella delusione, ci toglie l’Europeo del 1992. Per poi fare finale nel 1994 al Mondiale. Ma la perla arriva col 2006. Vinciamo un Mondiale clamoroso, impensabile e depurativo. Dopo 4 anni, come già nel 1986, per gratitudine facciamo un Mondiale pessimo. Nel 2014 forse peggio e nel 2018, Ventura ci porta fuori con la Svezia. Dalla vittoria di Berlino a un totale declino. Con due domande che lasciano inquieti: quando cambiamo mentalità? E soprattutto:

Che fine ha fatto l’Italia di Euro 2020?