E' quanto meno anomalo, oltre che triste, che arrivati a metà marzo già si sappia tutto (o quasi) di ciò che il campionato ci riserva, lungo una parabola agrodolce lunga 9 mesi.

E in effetti, al di là del nome della terza retrocessa, e di un residuo dubbio relativo alla corsa Champions (con le milanesi, nonostante tutto, parecchio avvantaggiate), per il resto il campionato null'altro avrebbe da dire.

A maggior ragione, quindi, procura una gratificante e piacevole sensazione il passaggio del turno da parte delle ultime due esponenti del nostro calcio che ancora stanno tenendo alto l'onore italico in giro per l'Europa. Napoli e Juventus sono di gran lunga le squadre migliori del nostro campionato, e, con modi diversi, lo stanno dimostrando anche in Europa e Champions League.

Peccato che le eccellenze che sono evidentemente in grado di esportare siano riservate solo alle occasioni importanti. Un handicap ormai atavico, per le nostre squadre impegnate nei trofei continentali, che continua a palesarsi, ed a mietere vittime eccellenti (vedi il Milan in un girone da dopolavoro ferroviario, la Roma estromessa da un Porto operaio o poco più, la Lazio presa a pallate dal Salisburgo e l'Inter incapace di fare il solletico allo Schalke).

Anche Napoli e Juventus, però, se la sono vista brutta. Ed entrambe ancora non hanno avuto davanti a sé le avversarie più temibili delle rispettive competizioni, anzi. Fortuna ha voluto, per tutte e due, che riuscissero a esprimersi al meglio in almeno una delle due gare: il Napoli, ovviamente, all'andata; la Juventus al ritorno.

Ma in realtà è sulle altre due che dovremmo soffermare la nostra attenzione, per fare autocritica, e provare a guardare al futuro a breve termine senza paura, e con rinnovato ottimismo.

Un ottimismo che oramai dilaga, forse anche in eccesso, in casa Juventus.

La squadra, dopo settimane di anonimato tattico e vacuità di gioco (che comunque non ha pregiudicato il solito filotto di risultati in A, cosa che evidenzia a maggior ragione il gap che la separa dalle altre), ha tirato fuori probabilmente la migliore partita dell'intera era Allegri nel momento di difficoltà più gravosa.

Lo stesso allenatore, che da tempo ormai non tirava fuori dal cilindro una scelta tattica tanto azzardata quanto azzeccata, ha reso Bernardeschi un'ala di sacrificio più efficace di un finto esterno d'attacco Dybala, ma ha soprattutto coraggiosamente riproposto un Emre Can d'annata da terzo di difesa, ed uno Spinazzola rinverdito dopo i lunghi mesi ai box.

Sono stati questi, e non la tripletta di Ronaldo, i veri plus del rotondo 3-0 all'Atletico. Perché Simeone conosce bene Cristiano, e le sue capacità balistiche - oltre che la sfrontatezza - da almeno un decennio, ma certo non si aspettava un terzino sinistro capace di affondare meglio di Alex Sandro, una difesa a tre con un terzo fisicamente insormontabile, e un giocatore capace di fluttuare tra le due linee coi polmoni di un fluidificante e coi piedi di un fantasista.

Tutte condizioni al contorno che erano mancate all'andata, in una partita che aveva evidenziato tutti i limiti di una squadra fisicamente dominante, ma incapace di reggere l'urto quando viene attaccata con determinazione. Lo aveva dimostrato, in verità, già nel secondo tempo del San Paolo, quando ristabilita la parità numerica s'era trovata dinanzi una squadra che, puntando tutto sull'intensità e sul fraseggio, l'aveva sostanzialmente costretta nella propria trequarti per decine di minuti filati.

Era però quella una partita sostanzialmente inutile, se non per l'onore delle duellanti, a differenza di quella del Wanda Metropolitano che aveva scatenato la solita, sinceramente ingiustificata, shitstorm su Allegri.

Che, invece di abbattersi, s'era invece rintanato nel silenzio (soprattutto social), ed aveva lavorato, altrettanto silenziosamente, alla preparazione del ritorno a Torino. In cui ha avuto ragione perché ha indovinato tutto. Ammutolendo, quindi, anche i suoi detrattori. Che però, paradossalmente, restano di più, in proporzione, tra i tifosi bianconeri, che in quelli delle altre squadre.

Di indecenti denigratori, in casa Juventus, in verità ne ha tanti anche Carlo Ancelotti. Da lui si attendevano di più anche i tifosi partenopei, e non solo in tema di risultati.

Quelli, in verità, non sono poi così diversi da quelli totalizzati da Sarri: a differenza del suo predecessore Carletto non ha ancora regalato alcun picco di calcio d'alta scuola, ma sta lentamente lavorando affinché si compia il definitivo salto verso l'eccellenza sotto il profilo dei risultati. Una strada lunga e tortuosa, che al momento però gli lascia un'unica via d'uscita.

Per la solita ironia della sorte, però, quella stessa strada porterebbe all'unico trofeo internazionale che non ha ancora mai vinto: in una bacheca che conta numerosissime Champions, diverse Supercoppe Europee, Mondiali per club e addirittura un'Intertoto - già, ha vinto anche quella, esattamente 20 anni fa con la Juve - , manca proprio la vecchia, cara, Coppa Uefa. Che oggi si chiama Europa League, e che lo vedrà giocarsi i quarti contro l'Arsenal.

Una squadra forse non 'vecchia', ma forse un pizzichino agée, contro la quale potrà provare a tirare fuori tutta la sua sapienza alchimica, mediante una squadra assai più giovane e fresca. Ma orfana ancora di quei leader che durante il triennio Sarri erano stati i maggiori creatori di gioco: Ancelotti, nella sua prima in azzurro, non ha avuto Jorginho né tanto meno Hamsik, alla sua peggiore stagione in Italia. Ed è stato soprattutto il centrocampo a mancare anche nella gara del Wals-Siezenheim Stadion, che pur non avendo mai portato i rivali sull'orlo dell'estromissione, ha sicuramente incusso timore, e non reverenziale.

In questo caso, diversamente da Atletico-Juve, s'è trattato di evidente sottovalutazione dell'avversaria, oltre che della competizione: purtroppo l'Europa League resta la sorella minore (e un po' sfigatella) della Champions, e a maggior ragione per questo motivo Ancelotti dovrà esser bravo a spiegare ai suoi ragazzi che un'annata del genere, non disastrosa ma anonima, può ancora rientrare di buon grado nella storia della società se riuscisse a concludersi con la vittoria in un torneo che manca esattamente da 30 anni. Per farlo, però, serve anzitutto un piano che tenda a preservare i migliori, per evitare di arrivare con la panchina e il fiato eccessivamente corti agli appuntamenti che contano.

D'altro canto il secondo posto è ormai virtualmente acquisito, e la concentrazione va tenuta alta per altre occasioni. E tra queste sarebbe giusto far rientrare anche partite come quella di Salisburgo. Perché l'attenuante della linea difensiva Hysaj, Chiriches, Luperto e Mario Rui sarà anche oggettiva, ma non è sufficiente per giustificare almeno 60' in balia di un avversario inferiore sotto tutti i punti di vista. Possono bastarne anche solo 10, di minuti di oblio, per farsi sbattere fuori da buona parte delle avversarie rimaste in corsa, gunners in primis.

Ancelotti, uomo di intelletto, di campo, ma soprattutto di spogliatoio, servirà a questo: a correggere i buchi neri di una squadra che ha già dimostrato di poter tenere testa al Liverpool, al PSG e alla stessa Juventus, ma che si è anche concessa, come in passato, lunghe fasi di assenza psicofisica dalla partita. Un neo che era peculiare anche del ciclo Sarri, in verità, e che il tecnico di Reggiolo sa e intende correggere.

Ripartire dagli errori di entrambe, quindi, per provare a ridare al nostro calcio un qualsiasi trofeo continentale che manca ormai dai tempi dell'Inter del 2010. Juventus e Napoli ci proveranno, a modo loro, ma non mi meraviglierei se dovessero fallire entrambe. Farebbe male, ovviamente, più che altro perché, seppur a sprazzi, hanno dimostrato addirittura di poter ambire ad un traguardo tanto distante, quanto immaginifico.

Non lo cito neanche, per tener fede a quel briciolo di scaramanzia che m'è rimasto, ma che mi porta comunque, coraggiosamente, a citare la data e la location della sua ipotetica realizzazione: Besiktas Park, Istanbul, 14 agosto 2019. 

Adesso fate pure i vostri scongiuri. Sempre che sappiate di cosa si tratta.