di Alfredo De Vuono 

 

"Non muore mai chi vive nel cuore di chi resta". Recitava così, stasera, uno dei tantissimi striscioni che la stupenda pancia dello stadio San Paolo ha dedicato a Pino Daniele, mirabile cantore di questi luoghi, scomparso - ma solo agli occhi di chi non se lo porterà dentro - una settimana fa. Ma non è questo il solo pensiero da ricordare.

In mezzo agli arguti scioglilingua - "Cresciuto a pane e Pino" -, agli eleganti sfottò - "Napul'è mille culur...Voi in bianco e nero" - ed ai profetici ricordi - "Nelle tue parole la nostra speranza" - tutto richiamava il viscerale rapporto dei napoletani con il loro artista più internazionale, moderno e geniale di quest'epoca. Una cornice visiva che ha romanticamente circoscritto, nel prepartita, un quadro canoro che solo gli stolti non equiparerebbero ad un musical dal vivo, nel quale gli attori protagonisti sono decine di migliaia, trasmesso in diretta in tutto il mondo, che se n'è beato, attraverso media e social network. 

 

E' il pubblico, baby. Sono i tifosi. Sono i cuori pulsanti a ritmo di blues - mai come oggi - d'un gioco che troppo spesso dimentica chi lo alimenta. E' l'estroversa unione delle passioni che dura una settimana intera, prima di travasarsi sino alle arterie bianche che non delimitano solo un campo di gioco ma l'intero universo del pallone. Tutto questo ce lo ha ricordato Napoli, ma anche Roma, dove al gol del 2-2 - bello e difficile almeno quanto quello di Pogba - l'autore dell'esplosione di quelle passioni ha pensato bene di regalarsi un attimo di gioviale, ma ricercata spensieratezza: il selfie di Totti verrà ricordato come la raffinata goliardata d'un maestro del nostro calcio, e per assurdo tenderà ad esser visto, raccontato, e impattante sui social più del suo stesso gol, peraltro difficilissimo e quasi alla Cruijff, per coordinazione, tecnica, e audacia.

Il motivo? Perché ha voluto condividere lui, per primo, quella gioia, con chi di quella gioia contemporaneamente si stava inebriando. Un flusso bilaterale incontenibile, che diverrà irripetibile (chi lo rifarà sarà automaticamente, e giustamente, bollato di plagio intellettuale) per più d'un motivo: anzitutto perché l'animo riservatissimo, ma guascone, del capitano è solo dei pochi. In secundis perché decidere un derby a 38 anni e mezzo è dei pochissimi. Infine, perché scattarsi una foto con migliaia di persone che ti amano da oltre un ventennio può farlo, praticamente, solo lui. 

Nota di riferimento per i soloni e letterati del calcio che ora mi verranno a dire che prima di Totti l'idea fu di Dom Dwyer: vero, verissimo. Ve l'abbiamo anche raccontato qui, su Fantagazzetta. Ma se il paragone tra derby di Roma e Chicago Fire - Kansas City regge poco, beh, quello fra Totti ed il pur simpatico Dwyer regge ancora meno.

 

Sempre a proposito di tifo e tifosi, e loro approccio con beniamini (ed ex beniamini): "Bentornato nel calcio che non conta nulla", recitava lo striscione più significativo di sabato sera - che in qualche misura ripete il succo del mio editoriale di un paio di settimane fa -nei confronti del grande ex Alessio Cerci. 

Che, per inciso, non ha inciso: e non è un gioco di parole. Nel peggiore Milan della stagione per lui neanche un minuto in campo. E forse è un bene, perché per far giocare Cerci servirebbe avere spazi, e di spazi il Milan non ne ha visto neanche uno. Troppo robusto il Toro messo in campo da Ventura, troppo solida la manovra, troppo ben rodato il meccanismo. Meglio ancora, in tal senso, ha fatto la Juventus: perché alla fine - ed aggiungo io purtroppo - per quanto possa esser bello, ed interattivo, lo spettacolo sugli spalti, è il risultato che conta. Ed anche questa volta tutto dà ragione alla Signora, che strapazza il Napoli di Pino, e lo rigetta, suo malgrado, nell'ingorgata, ma fluida, lotta per il terzo posto. Una gara che si giocherà punto su punto, e nella quale si fa fatica ad inquadrare oggi una vera favorita. Perché la Sampdoria del sempre più istrionico, e favoleggiante Ferrero e l'Inter del finalmente convinto Mancini e del suo tanto atteso 4-2-3-1 furoreggiano. Forse anche perché la positività insita in una sessione di mercato di importanti proporzioni tende a sorbire effetti positivi, a prescindere dal rendimento e dalla partecipazione dei nuovi arrivati. Ma di questo avremo ampiamente modo di dibattere, nelle giornate a venire. In questa, piuttosto, mi tengo ben caro e stretto il godereccio piacere, per una volta, dato dai tanti gol e da chi, per ognuno di essi, ogni settimana esulta e si dispera. Farà anche generalmente schifo, il nostro calcio, ma è nostro. E dobbiamo non solo tenercelo, ma amarlo come un figlio, seppur ci faccia dannare, da qualche anno a questa parte. 

D'altra parte - e qui lo striscione a Pino lo azzardo io -, ogni scarrafone è bello a mamma soja.