Non ho la più pallida idea di ciò che potrà accadere in Francia, tra circa un mese. Quel che è certo, però, è che mai la nostra Nazionale era arrivata ad un appuntamento di tale prestigio, così messa male sotto il profilo atletico, numerico, ma soprattutto qualitativo. E, peraltro, con un commissario tecnico uscente, stufo della sua esperienza, e voglioso di ricominciare dalla quotidianità, dalla routine, dai grandi traguardi e dalle ottime disponibilità finanziarie.

Tutto ciò, però - ed aggiungiamoci, per fortuna - non si traduce automaticamente in un fallimento già scritto. Manifestazioni così breve ed intense tendenzialmente presentano una struttura ed uno sviluppo assai meno prevedibili di qualsiasi altro. Vivono di attimi, cambiano grazie (o a causa) delle singole giocate, regalano gioie e dolori in funzione delle istantanee tecnico-tattiche dei suoi protagoniste. E, per questo, necessitano appunto di protagonisti, non di comprimari.

Ecco perché alla luce dei tanti infortuni sopraggiunti, e della melmosa melassa di valori nella quale ci siamo ritrovati, potrebbe essere il caso di azzardare. Rischiare il tutto per tutto, ed affidarsi a chi questi momenti ha già avuto modo di viverli. E con discreto successo.

Quasi certamente in Francia andranno Buffon e Barzagli, tra gli eroi di Berlino 2006. Senza Verratti e Marchisio - titolari praticamente certi della mediana che avremmo voluto - sono in risalita - sigh! - le quotazioni di Montolivo e Thiago Motta, ma in realtà è ben altro quel che ci serve. E si tratta di Pirlo e De Rossi, che con Jorginho e Parolo potrebbe dare un senso ad un reparto che per l'idea di calcio di Conte è assolutamente epicentrico, ai fini dello sviluppo della manovra e delle ripartenze. Ci servono necessariamente classe ed esperienza, ed il fatto che Andrea e Daniele recentemente abbiano perso di centralità nelle loro rispettive squadre di club, non significa che non possano nuovamente infonderla in questa Nazionale, così avara di talento e di risorse. Non ce ne vogliano i Soriano, i Montolivo, i Baselli e i Thiago Motta, ma oggi le priorità sono altre. E tra esse c'è quella di mettersi a disposizione, anche solo per le emergenze, almeno un fuoriclasse in attacco.

Questo calcio tricolore, ad oggi, non ne ha praticamente nessuno a disposizione. E gli unici due ancora in attività rispondono ai nomi di Mario Balotelli e Francesco Totti. E se per il primo i ripetuti stop, l'ostinata svogliatezza - oltre all'assoluta carenza di produttività sotto porta - ed i non eccellenti rapporti coi compagni ne farebbero probabilmente più una zavorra, che una risorsa, per il secondo il discorso cambia radicalmente. Francesco è benvoluto praticamente da tutti, nonostante abbia salutato la causa azzurra ormai dieci anni fa. Quand'era ancora un fior fior di attaccante, ed un'atleta in discreta salute. Oggi, a due lustri di distanza, il calcio è cambiato e lui con esso: pur senza disperdere nessuna delle sue eccelse qualità di base. C'è poi un discorso a margine, relativo a quanto accaduto nelle ultime settimane in campionato: nessun italiano, anche numeri alla mano, è stato più decisivo di lui. Capace di sfornare un gol o un assist ogni 20 minuti, pur partendo sempre dalla panchina. Un ruolo, questo, che avrebbe anche in Francia, consentendo a sé stesso ed a Conte, quindi di sparigliare il mazzo - come si è detto anche qui - in ogni occasione. Senza contare che le esperienze azzurre alle kermesse internazionali sono passate più d'una volta attraverso quelle forche caudine sportive comunemente chiamate rigori, e che senza due come Pirlo e Totti i rigoristi veri, con tutto il rispetto per i vari Zaza, Bonucci, Florenzi, Giaccherini e Montolivo, sarebbero praticamente assenti. Un deserto nel quale solo i #10 come Andrea e Francesco possono avventurarsi, a bocca asciutta.

Giocano praticamente da fermo, ormai, Totti e Pirlo, vero. Ma in carriera, anche all'apice, raramente si sono concessi scorribande furibonde di 70 metri. Volendo citare Bill Shankly, d'altra parte, il calcio anche azzurro è come un pianoforte: in otto se lo caricano in spalla, e tre sanno suonare quel dannato strumento. E nella Nazionale azzurra di oggi, spiace constatarlo, non vedo né Bollani, né Allevi, né alcun loro emulo.  Solo tanti discreti improvvisatori a orecchio. Buoni per il piano bar sulle navi e per le feste della zia, meno per gli ardui palcoscenici a cui ci prepariamo. Per i quali, invece, il C.T. ha messo in piedi un gruppo certamente fresco, motivato e unito, in grado di portare con vigore il peso del ligneo e greve strumento ma non di utilizzarlo per incantare gli astanti. E se anche la sinfonia non dovesse durare per l'intero concerto, ci faremmo bastare comunque quelle poche note in grado di appagare la nostra fame di buona musica che è sinonimo di calcio. Potendo poi, serenamente, dare il definitivo addio azzurro a (quasi) tutti i musicisti del gran ballo dell'opera di dieci anni fa.