Poche singolarità, poche deviazioni sul tema. L'Atalanta non solo non si è scansata, come pensavano - o forse, addirittura, speravano - in molti, ma pur non dando filo da torcere alla Juventus allo Stadium è riuscita a uscirne, nonostante la sconfitta, senza le ossa rotte. Non è una corazzata, e non é neanche una squadra da Europa la giovine Dea di Gasperini: è solo una squadra giovanissima, capace di infilare un mirabile filotto di vittorie, che però nulla ha potuto contro la capolista degli ultimi 5 anni e mezzo. Una squadra capace, quest'anno, di vincerne 8 su 8 a Torino, e di proseguire una fila di risultati utili casalinghi iniziata quasi un anno e mezzo fa, a seguito della sanguinolenta disfatta del 23 agosto 2015 contro l'Udinese (0-1, Thereau). Da allora 2 pareggi e 24 vittorie, sino al 3-1 di sabato marchiato da Mandzukic a ferro e fuoco: un dato che non ha bisogno di ulteriori commenti.

Finché Allegri - che ha recuperato anche Dybala, e che adesso finalmente potrà anche operare delle scelte, in attacco - e i suoi ragazzi non si troveranno dinanzi, in casa, qualcuno in grado di metterli sotto, difficilmente si lasceranno sfuggire lo scudetto. A questi ritmi in campionato se anche non si raggiungesse quota 90 punti, difficilmente si scenderebbe al di sotto degli 85-86: una soglia comunque sufficiente per prendersi l'ennesimo titolo. Anche perché ciò che impressiona, dei bianconeri, è la rapidità con cui riescono, dopo ogni minimo (e mezzo) passo falso, a rialzare la testa, incrociare le armi, e far di un solo boccone l'avversario successivo: qualsiasi esso sia. E dire che solo pochi giorni fa tifosi e appassionati erano pronti a sminuire, voracemente, la stagione bianconera a seguito dei 30, folli minuti di Marassi che probabilmente rappresentano il punto più basso, a livello di micro-cicli, dell'intera esperienza torinese di Allegri. Che, non dimentichiamocelo, contro il Genoa ha proposto l'ennesimo 3-5-2 con due fuori ruolo puri, come Dani Alves in difesa e Cuadrado seconda punta. Tràttasi, ovviamente, di due esterni puri, non capaci di rendere nel vivo del gioco se non in condizioni estreme: una scusante, non un alibi, dovuto anche alla ostinazione d'un tecnico che, sbarcato in bianconero, ha preferito assecondare la naturale e fisiologica continuità tattica dovuta al successo del suo predecessore, piuttosto che imporre il suo credo. Credo che, manco a dirlo, risponde al 4-3-1-2 che s'è visto in campo contro l'Atalanta, con Marchisio a far legna davanti alla difesa, Pjanic a rifornire - e due assist vincenti, seppur da fermo, li abbiamo giustappunto visti - due attaccanti puri, e due mezzali fisicamente prorompenti, libere di azzannare l'area avversaria, quando una delle punte si allarga e ne favorisce l'inserimento. Certo, molto, nella scelta tattica, hanno pesato gli infortuni a ripetizione che stanno colpendo soprattutto il reparto difensivo: senza Dani Alves, Bonucci, Barzagli, e con Benatia ancora non al massimo della condizione, passare allo schieramento con due centrali - a fronte d'un centrocampo che definire folto e profondo, in attesa dell'arrivo anche di Witsel, è riduttivo - era quasi obbligatorio. Ma l'impressione derivata dal 3-1 di ieri è che la squadra riesca, soprattutto in fase offensiva, e quando in gioco ci sono anche attaccanti indemoniati (e disponibili al sacrificio) come Mandzukic, a controllare la partita con maggiore facilità. Oltre, ovviamente, a profondere una mole di gioco più voluminosa e concreta: esattamente quella che serve in Europa. Dove il passaggio del turno è già assicurato, ed in settimana, contro la Dinamo Zagabria, potrebbe già esser tempo di conferme. Del 4-3-1-2, ovviamente: perché contro le squadre più forti del Continente, a febbraio, non sempre basta sapersi difendere, rischiando poco, e portando a termine il compito prefissatosi senza decidere di imporre il proprio gioco. Squadra corta e contropiede - vedi il Chelsea di Conte, che l'ha perfettamente, e vittoriosamente, applicato anche ieri, contro il City - funzionano solo quando si è all'apice della propria determinazione e condizione atletica. In tutti gli altri casi, invece, in Champions serve giocare bene, e farlo in maniera tale che sia il controllo totale (o quasi) della partita, e fungere da fase difensiva. Ed il 4-3-1-2 che già Allegri adottava, con discreto successo, al Milan, può essere la chiave di volta, in tal senso: l'importante è che non venga trattata, come idea di gioco, come mera soluzione di emergenza. Si tratta non solo d'una questione di numeri, ma anche di interpreti: di fatto si concede spazio ad una mezzala di inserimento in più, a scapito d'un difensore, concedendo al trequartista meno compiti di ripiego, e tenendosi costantemente da parte il jolly Cuadrado come alternativa tattica a partita in corso, in grado di instaurare di colpo il 4-3-3, senza rinunciare alla qualità di Pjanic che anche da interno sinistro dice abbondantemente la sua. Una soluzione che Allegri ha anche velatamente descritto, ieri, in conferenza stampa, parlando dell'imminente ritorno in squadra di Dybala. Il calciatore ideale tanto a fungere da seconda punta, quanto ad allargarsi, in caso di tridente. Così come Pjaca (che è solo un esterno sinistro d'attacco, e non una seconda punta) e, nonostante le apparenze, Mandzukic. Da giovanissimo, in patria, Marione agiva addirittura da trequartista. Erano i tempi della Dinamo di Kovac, Kramaric, Cufré, Badelj e mister Jurcic, e quel robusto spilungone dai lineamenti ruvidi e lo sguardo glaciale non solo andava costantemente in doppia cifra, ma serviva assist a ripetizione ai compagni, e si dannava in mezzo al campo, nei ripiegamenti e nelle chiusure difensive. A 30 anni suonati, ieri, il croato è tornato ragazzino, ed ha regalato si tifosi dello Stadium probabilmente la migliore prestazione da quando veste la maglia della Juventus. A cui ha dimostrato, ancora una volta, che serve lui non solo può sostituire Dybala o Higuain, ma anche agire al loro fianco, nel 4-3-1-2, anche da '1', o da esterno, nel 4-3-3. In una squadra in cui il Pipita non è ancora gallina dalle uova d'oro, e dietro gli infortuni rendono la squadra vulnerabile, è assolutamente un lusso da non sprecare. Nonostante la tentazione del ritorno immediato al troppo rigido, seppur efficiente, 3-5-2, con i due argentini davanti, Pjanic intermedio e fuori Cuadrado e lui, sia attraente, perché ha tutti i contorni e l'aura della copertina calda e accogliente, sotto la quale affrontare il rigido inverno che attende la Signora. Che, se però vuole osare davvero, e proseguire a lungo il suo cammino europeo, al netto di quello in campionato, deve scrollarsela di dosso. Ed affrontare i freddi campi delle proprie rivali europee senza condizionamento e riparo alcuno. A viso aperto, e senza cinici tatticismi. Quelli, d'altra parte, bastano e avanzano in Serie A.