4 maggio, ore 22.37. Napoli campione d'Italia! Un'attesa lunga 33 anni, nei quali è successo di tutto: due retrocessioni in Serie B, il doloroso fallimento, la rinascita con la lenta e inesorabile salita ai vertici del calcio italiano (e non solo).

Un obiettivo sfiorato almeno due volte nell'era De Laurentiis: nell'aprile del 2011 l'Udinese di Inler e Denis spense i sogni di gloria della squadra di Mazzarri, più recente l'impresa che stava compiendo il Napoli di Sarri nel 2018.

Il Napoli di Sarri, appunto. Quella squadra, quel gioco armonioso e spettacolare, quei 91 punti che non bastarono per l'impresa contro la Juventus del cinico Allegri. Ricordi offuscati, un amore affievolito dal "tradimento" dell'allora comandante che due anni dopo l'assalto al "palazzo" si è legato a chi, secondo lui, quel palazzo lo governava.

Ma adesso il comandante è un altro, viene da Certaldo ed il suo nome resterà scolpito sulle mura della città, nei cuori e nelle menti dei tifosi: Luciano Spalletti. E se vogliamo, a differenza proprio di Sarri, il suo nome resterà inciso nell'albo d'oro dei vincenti. Un dettaglio non da nulla, anzi...

Che il comandate Luciano ha voluto rimarcare in conferenza stampa:

"A Napoli ho dedicato tutto il tempo che avevo. In qualche squadra forte ci sono stato prima di Napoli, ho sempre provato a giocare per vincere ma non ci siamo riusciti. Tante volte me l’hanno ricordato. Ma se questa attesa mi ha portato fino a Napoli, allora sono contento di aver aspettato fino a oggi".

Luciano Spalletti in conferenza stampa 29 aprile

Vincere, esprimendo un calcio piacevole, per larghi tratti della stagione straripante. Non è da tutti, soprattutto nel campionato italiano dove nell'ultimo decennio si è vinto spesso di "corto muso".

Il grande merito di Spalletti è stato uno, in particolare: prendere una squadra a pezzi, dopo la mancata qualificazione in Champions League, e portarla dopo appena due anni a stradominare il campionato italiano. In mezzo, anche un quarto di finale in Champions, altro traguardo mai raggiunto nella storia del club.

I volti dei calciatori dopo quel famoso Napoli-Verona del 23 maggio 2021 li ricordiamo tutti: sfiducia, paura, delusione. Gattuso è stato utile per il post Ancelotti, immediato, ma poi ha lasciato solo macerie.

Mi immagino abbia risposto così Spalletti a De Laurentiis quando gli ha proposto la panchina del Napoli, in quella situazione. Come ha trasformato poi questa squadra in una macchina da guerra vincente?

Lo ha fatto con il lavoro, con la forza delle idee. Con un calcio propositivo, offensivo e non speculativo. E con un pizzico di umiltà che non fa mai male. Chi non ricorda la sua faccia quando De Laurentiis ad inizio ritiro parlava di obiettivo scudetto? Scuoteva la pelata, Luciano.

Lo ha fatto zittendo una parte della critica che al suo arrivo immaginava già un "Totti bis" con i totem dello spogliatoio azzurro: Insigne, Mertens, Koulibaly. Con i quali ha condiviso un primo anno positivo, raggiungendo gli obiettivi e salutandoli con affetto al termine della stessa.

Senza lamentarsi, ha sostituito gli stessi plasmando un fuoriclasse come Kvaratskhelia e affidando la difesa a Kim (e su qui, tanto di cappello anche a Giuntoli e allo scout).

Uno scudetto vinto rivitalizzando calciatori sull'orlo del baratro come Lobotka e Rrahmani, dando le chiavi dell'attacco ad un calciatore che è diventato il miglior centravanti del campionato. Dando fiducia a Meret e creando un gruppo affiatato e affamato. I vari Elmas, Raspadori, Simeone, Olivera, Juan Jesus: tutti pronti, in silenzio, a cogliere l'occasione giusta e non creare problemi.

E' stata la vittoria di Luciano Spalletti: uomo forte per un destino forte...