Undici anni dopo il Triplete, l’Inter è Campione d’Italia. Conte ha iniziato il dominio bianconero e Conte lo ha interrotto. Con la partecipazione straordinaria di una Juve che si è eclissata prematuramente tra equivoci, tecnici, tattici, umani e societari. E cosi non ha vinto lo scudetto, lo ha stravinto.

Il capolavoro di Conte è stato tenere compatto il gruppo in un momento complicato a livello societario, resistendo all’eliminazione in Champions e traendone forza per continuare a puntare sul campionato. Ha resistito all’eliminazione in Coppa Italia per mano della Juve, rimanendo con un solo match a settimana, condizione nella quale è un allenatore eccezionale. Soffre gli impegni ravvicinati ma sui 7 giorni è assolutamente imbattibile. Ha certificato il valore di Bastoni e Barella, ha reinventato Perisic esterno a tutta fascia, ha lavorato per rendere Lukaku e Lautaro una coppia spaziale.

E ha avuto il buonsenso di correggere un paio di visioni che inizialmente non erano perfette. Hakimi nei primi due mesi oscillava tra campo e panchina e invece è uno dei 3 giocatori indispensabili della squadra. Ed Eriksen, maltrattato per dodici mesi a colpi di due minuti a partita, è diventato un titolare segnando dei gol molto pesanti nel finale di stagione oltre che nel derby di Coppa Italia.

Tra visioni azzeccate e retromarce sensate, è uscito fuori tutto l’immenso valore della rosa, che, nella peggiore delle ipotesi può essere considerata una delle due migliori di questo campionato insieme a quella della Juve. Che però paga errori strutturali e di guida tecnica. E deve aggrapparsi ai leader per portare a casa una fondamentale qualificazione Champions.

Ora però per aprire un ciclo servono 2-3 cessioni, 2-3 acquisti azzeccati (portiere centrocampista e esterno sinistro) e la voglia di avere sempre più qualità. L’Europa la pretende e bisogna rendersene conto. Per evitare altri Shakhtar, altri Tottenham e altri Psv.