Una carriera variegata, multiforme, appagante. Con un prestigioso leitmotiv di fondo: l'aver fatto parte della grande Lazio a cavallo tra la fine dello scorso secolo e l'inizio degli anni 2000. Dario Marcolin, bresciano doc, ha girato un po' tutta l'Italia da calciatore. Nella sua bacheca ha riposto con cura 1 Scudetto, 2 Coppe Italia, 2 Supercoppe italiane, 1 Coppa delle Coppe e 1 Supercoppa europea (tutto di marca biancoceleste), oltre ai due Europei con l'Under 21 nel '92 e nel '94. Dieci anni fa l'inizio della carriera da allenatore, fino alle recenti sfortunate esperienze a Catania e Avellino. Oggi si destreggia con professionalità e disinvoltura dietro le scrivanie dell'emittente tv 'Fox Sports', analizzando e commentando, al fianco di Fabio Capello, le emozioni della Liga e della Bundesliga.

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#1 - La tua vita adesso: cosa fai, dove vivi, come si sviluppa la tua giornata?

"Per nove mesi l'anno le mie giornate milanesi sono dedicate soprattutto allo studio che precede ogni evento calcistico, in particolare quelli del campionato spagnolo e tedesco. E' un po' come un esame orale: bisogna arrivare preparati, altrimenti si fa scena muta. Dietro ogni partita c'è un lavoro enorme, per fortuna oggi con Internet si trovano tanti articoli, magari anche su giocatori o squadre che si conoscono un pochino meno. Documentarsi, per chi fa questo lavoro, vuol dire tutto".

#2 - I social network: li usi? Se sì, quali? Che rapporto hai oggi con i tifosi, tanto nella vita reale quanto a distanza, mediante la rete?

"Non utilizzo nessun social network. E' stata una mia scelta personale: pur essendo un personaggio pubblico, ho capito da subito che non sarebbe stato facile gestire commenti, critiche, riflessioni da parte dei tantissimi utenti virtuali. Specie facendo l'allenatore, è stato molto meglio così".

#3 - Una squadra, un compagno, un allenatore e un Presidente che ti è rimasto nel cuore

"La Lazio e il presidente Cragnotti, sicuramente. Come compagno dico Giuseppe Favalli, sin dai tempi della Cremonese. Siamo entrambi bresciani, abbiamo un legame speciale e ancora oggi ci vediamo spesso a Roma. Per quanto riguarda l'allenatore, scelgo Zeman per via della fase offensiva: nel periodo del suo passaggio dal Foggia alla Lazio si percepì subito che, da quel punto di vista, aveva portato in Serie A qualcosa di nuovo".

#4 - Quale l'aneddoto calcistico più folle, curioso, strano della tua carriera?

"Un episodio emozionante è legato alla vittoria dell scudetto con la Lazio nel 2000. Non una vittoria normale, ma vissuta con ansia. Nel frattempo si giocava Perugia-Juventus: gli umbri erano già salvi, impossibile pensare che i bianconeri avrebbero perso visto ciò che c'era in palio. Noi vincemmo 3-0 con la Reggina, poi ci fu un'attesa surreale per via del ritardo causa nubifragio perugino. L'ansia era ancora più grande perché allora non avevamo radioline, tv, cellulari, nulla. A un certo punto un nostro dirigente diede un calcio alla porta degli spogliatoi dove attendevamo ed entrò urlando: "E' finita!!!". Corremmo subito sul campo a festeggiare: un'emozione fantastica".

#5 - In carriera chissà con quanti moduli di gioco sarai stato impiegato. Ma qual è il tuo preferito e perché?

"Da allenatore ho cominciato con il 4-2-3-1, ma ultimamente mi sono convinto che è il 4-3-3 il modulo ideale per tirare fuori il meglio dai giocatori e imporre le proprie idee. Guardate il Napoli di Sarri: passaggi corti e rapidi, gioco spettacolare, c'è molto della filosofia di Guardiola nel modo di fare calcio degli azzurri".

#6 - Qual è il gol che avresti voluto segnare nella storia del calcio?

"Senza dubbio quello di Zidane contro il Bayer Leverkusen, nella finale di Champions del 2002. Immagino che emozione abbia provato, proprio per la tipologia di gol in una partita del genere. Disegnare una parabola così si sogna sin da bambini".

#7 - C'è un rimpianto nella tua carriera? Oppure qualcosa che hai fatto ma che se tornassi indietro cambieresti?

"Rimpiango il fatto di non aver mai giocato nella Nazionale A. Ho fatto tutte le trafile delle giovanili, mi è mancata soltanto quella. Oggi il calcio è diverso, c'è maggior rotazione per cui è più facile arrivare a giocare in azzurro. All'epoca di Italia '90 e Usa '94, invece, c'erano tanti punti fermi per cui era più complicato entrare in un meccanismo già collaudato che si basava su nomi di altissimo livello".

#8 - Primo consiglio ai fantallenatori: un portiere su cui puntare questa settimana

"Mattia Perin. Dopo 6 mesi di stop scommetto sulla sua ritrovata voglia di mangiare l'erba, avrà grande motivazione".

#9 - Secondo consiglio ai fantallenatori: un difensore su cui puntare questa settimana

"Andrea Barzagli. E' una vera garanzia, sembra non invecchiare mai. Grande senso della posizione, fa sempre la cosa giusta. Uno dei pochi a partire dal 7 politico in ogni partita".

#10 - Terzo consiglio ai fantallenatori: un centrocampista su cui puntare questa settimana

"A Milano non ci sarà, ma per il resto della stagione mi sento di dire Lucas Biglia. Come Barzagli è uno di quei giocatori che non tradiscono mai, il suo rendimento è sempre elevato, è il classico elemento di sostanza e qualità che ogni allenatore vorrebbe".

  #11 - Ultimo consiglio ai fantallenatori: un attaccante su cui puntare questa settimana

"Nikola Kalinic. Mi ricorda un po' Lewandowski: sa venire incontro, sa far gol di testa, ha un'intelligenza tattica invidiabile. Può diventare un grande campione".