Andrea Ferretti, responsabile dell’area medica Figc, ha parlato nel corso di un'intervista dell'infortunio di Nicolò Zaniolo e del suo rientro al Corriere dello Sport. Queste le parole del medico della Nazionale.

Intervista al responsabile della Nazionale


«La vicenda di questo ragazzo talentuoso e fin qui non certo fortunato suscita un sentimento di naturale empatia».

Tempi di recupero anticipati?

«In questo momento serve solo prudenza, vista anche la speciale situazione in oggetto, in attesa che i tempi siano maturi, in piena sicurezza».  
 

Zaniolo tornerà come prima nonostante abbia utilizzato un'altra tecnica?

«Non ho difficoltà ad ammettere che per un lungo periodo di tempo sono stato quasi deriso per non aver abbandonato questo approccio ortopedico. Vede, sono ormai quaranta anni che proprio qui a Roma, allora intorno al professor Perugia, si è sviluppata questa filosofia operatoria».

L'operazione di Zaniolo

Come, ci vuol dire che Zaniolo è stato operato seguendo una filosofia? 


«Guardi, se vuole possiamo aprire una discussione sulle tecniche ortopediche: io e la mia equipe preferiamo la Coker Arnold mentre credo che nel caso di Zaniolo sia stata seguita quella di Ellison. Ma il punto è che noi come il dottor Fink, di cui condivido pienamente la scelta, è che siamo convinti che la strada migliore per risolvere questo tipo di infortunio sia quello di non fermarsi alla semplice ricostruzione del legamento crociato ma di associare anche il rinforzo della periferia del ginocchio, per garantire il controllo rotatorio dell’articolazione».

Per dirla in modo popolare, è come assicurare il ginocchio con una cintura di sicurezza 


«Esatto, lo rinforziamo con una sorta di bretella (ovviamente la plastica non c’entra niente...). E’ così che evitiamo i comuni problemi di stabilità non solo agli atleti ma anche alle persone comuni». 


Cosa l’ha fatta perseverare, mentre si affermavano altre tecniche? 


«Il fatto che i dati hanno sempre dimostrato che il rischio di fallimento si riduce (dal 15% al 4%), che si migliora appunto la stabilità e non si hanno danni a distanza di tempo».

Quando e chi mise in discussione la vostra filosofia? 


«E’ successo una trentina di anni fa, in Colorado, in una consensus conference. Furono gli ortopedici americani a sostenere che la tecnica lanciata nel 1960 dal francese Lamaire poteva portare all’artrosi. Accade esattamente il contrario. Attenzione. Non voglio dire che la semplice ricostruzione del legamento sia sbagliata in sé. Zaniolo è stato operato così, ottimamente, all’altro ginocchio. Ma per quello che ho brevemente descritto sono convinto della superiorità della nostra strada. In uno studio del 2016, un lavoro di revisione di oltre 150 casi rivisti ad almeno 11 anni dall’intervento, abbiamo fornito dati oggettivi di quanto già ricordato».

Zaniolo operato come Ancelotti?

Ci sono esempi azzurri che si possono fare? 


«Posso dirle che le tre ultime capitane della Nazionale femminile sono state operate con ricostruzioni extraarticolari. E nelle donne il rischio legato alla stabilità del ginocchio operato è maggiore rispetto agli uomini. Ma posso fare anche un nome, quello di Carlo Ancelotti». 


Ancelotti? «Sì, le ginocchia di Carlo sono state tra le più martoriate. Si tratta di fare un salto indietro anche qui di quasi quaranta anni: 1981 e 1983. Poi Ancelotti ha vinto tutto».

Nessuna controindicazione? «Massima attenzione, ovviamente. In primavera sapremo, adesso si tratta di aver fiducia in chi lo ha operato e lo sta seguendo. Sono certo che i presupposti per un recupero pieno ci siano tutti. La plastica periferica peraltro, con il ritensionamento dell’articolazione, fornisce una protezione in più anche al legamento crociato ricostruito».

 

Zaniolo (Getty)
Zaniolo (Getty)