Interessante l'intervista realizzata da So Foot a Cristiano Lucarelli. Bomber implacabile e capocannoniere in A nel 2005, oggi il livornse è l'allenatore del Messina. E ripercorre alcuni tratti fondamentali della sua carriera, anche fuori dal campo. Eccone alcuni stralci.

LA SITUAZIONE DEL MESSINA ED IL CALCIO IN LEGA PRO - "Non avevamo un campo dove allenarci, non c'era acqua calda nelle docce, non avevamo soldi per l'organizzazione dei viaggi, i giocatori non stavano ricevendo i loro stipendi da mesi. Il 17 febbraio è scaduto il termine per pagare gli stipendi di novembre e dicembre, altrimenti avremmo avuto dei punti di penalizzazione, e alla fine i nostri sacrifici sono stati nemmeno premiati. Così, siamo andati a protestare e pochi giorni dopo il club è stato venduto. In Italia però le persone spesso sono portate a pensare che tutti i calciatori vadano in Ferrari, ma in Lega Pro la maggior parte ha uno stipendio normale, da 1300-1400 euro al mese. E non tutti sono sempre pagati in tempo. Abbiamo fatto viaggi in cui ci potevamo neanche fermare, e scendere dal bus per un caffè".

NUOVA VITA DA ALLENATORE - "Ho avuto la fortuna di essere allenato da grandi maestri. Mi ispiro soprattutto a Mazzarri, voglio che la mia squadra abbia una mentalità offensiva ma sia anche organizzata. Non mi piace subire troppi gol. Sono tatticamente meticoloso e trasmetto la mia aggressività ai ragazzi. Da allenatore si deve incarnare la figura del padre, del fratello, dello psicologo, del presidente. I giocatori probabilmente hanno fiducia in noi perché ti vedono come una persona seria, affidabile".

CALCIATORE COMUNISTA - "Di certo non è stato un vantaggio, per me di certo non lo è stato, ma io sono così. E pur non essendo un attivista politico, ho le mie idee, questo è tutto. Ora nel calcio so che c'è qualcuno che è interessato a quello che succede fuori dal campo, il che è anormale. Essere normali, nel calcio, è anormale. A livello politico non siamo ancora un paese sviluppato mentalmente. O meglio, non lo siamo tanto da affrontare questo tipo di problemi in relazione al calcio. Ci siamo io e Zampagna, dichiaratamente di sinistra, ma ce ne sono tanti altri che preferiscono non esporsi per paura di essere penalizzati durante la loro carriera. L’Italia è un paese tradizionalmente di destra, anche se la Resistenza ha occupato una parte significativa della nostra storia".