Hans Nicolussi Caviglia, centrocampista della Juventus, ha parlato nel corso di un'intervista concessa a Repubblica.
Intervista ad Hans Nicolussi Caviglia
“Il doppio cognome? Qualche anno fa abbiamo deciso in famiglia di aggiungere quello di mamma a quello di papà, ci sembrava bello e giusto. Per cui ci tengo che mi chiamino con entrambi, anche perché usarne soltanto uno è sbagliato. Piaceva a papà, che è di origini cimbre e appassionato di cultura germanica. Mamma è invece ligure e fa l’attrice, mentre mia sorella Mila vive in Olanda dove fa la ballerina di danza classica. Papà è guardiaparco e sono cresciuto in un borgo minuscolo della Valsavarenche, Dégioz, tra i 1600 e i 1800 metri: il mio imprinting sono i boschi della montagna, da bambino facevo le gare di sci ed ero anche bravino, ma poi ho scelto il calcio. Adesso sciare non posso più, ma ogni estate torno a passeggiare sulle mie montagne, a respirare un’altra aria”.
Stipendio più basso della rosa? “Col tempo ognuno avrà quello che si merita”.
Kean? "Ci conosciamo da quando avevamo 8 anni, siamo legatissimi. Ci completiamo, quello che mi manca lui ce l’ha, scherzando potrei dire che lui è il mio lato cazzaro, giocherellone. Abbiamo un’amicizia profonda e sappiamo perfettamente cosa l’altro sta per fare e ci correggiamo a vicenda. Io riesco a fermarlo un attimo prima che si alteri. Ci scambiamo consigli, ma lui sa da solo quando sbaglia”.
Nicolussi Caviglia sulla Juve
Giovani? "Comprendo che qualcuno è fatto e cresciuto in modo diverso, che diversi sono i valori etici e morali. Ma nel settore giovanile la Juve fa un lavoro esemplare a livello umano e quando arrivi in prima squadra hai un background diverso”.
Inter? “Di giocare non me l’aspettavo, perché in settimana non ero mai stato provato: Allegri me l’ha detto il giorno della partita, forse ha voluto proteggermi psicologicamente. Paura? No, perché? Era l’opportunità che aspettavo”.
Infortunio? "Mi ruppi legamenti e menisco, poi la sutura meniscale saltò e mi operarono la seconda volta. Il ginocchio però continuava a darmi fastidio e si è scoperto che mi era rimasta una barretta di ancoraggio nel ginocchio, così ho dovuto fare una terza artroscopia. In tutto ho perso un anno e mezzo ma non mi sono mai demoralizzato e a livello fisico sono tornato come prima, anche più consapevole delle mie qualità. È stato un modo diverso di maturare”.
Nicolussi Caviglia sullo Scudetto
Scudetto? “Per la nostra coesione e il nostro dna. C’è un senso di appartenenza molto forte, in tanto siamo cresciuti qui ed è importante trasmetterlo ai nuovi. Le consapevolezze c’erano anche all’inizio”.