I napoletani si sono messi a credere alla modernità. Pure nel pallone s’improvvisano predicatori dei grandi progetti e dei più amibiti traguardi. Reduci da decenni di delusioni, pensano che sia sufficiente sottolineare in continuazione che il loro nuovo presidente della società di calcio sia uno col vizio del guadagno, poco incline alla spesa facile e affabulatore maldestro di illusioni e di promesse, pensano basti, dicevo, per non passare per fessi. E non si sapeva già? Non era già chiaro sin dal primo momento? Solo un illuso avrebbe pensato che De Laurentiis si sarebbe comportato da filantropo della passione azzurra. Piuttosto, alla luce del passato, dove pure i successi targati Maradona vivono di frequente del superficiale fraintendimento storico di una gestione societaria disastrosa, i tifosi del Napoli dovrebbero imparare a recuperare l’allegria del momento, godendosi quello che hanno, con la critica sotto il braccio, è sacrosanto, ma prendendo pure esempio da tifoserie capaci di far parlare di sé grazie all’ostinazione del loro sostegno alla propria squadra, pure nei momenti difficili.

 

Non è retorica da ossequio mediatico (non ci sarebbe nemmeno motivo), e nemmeno la volontà di fingere di non guardare alla situazione in maniera completa. Tutto il contrario. La società ha commesso e sta commettendo errori grossolani, che stanno mettendo a repentaglio l’ottimo lavoro svolto in questi anni. Errori di gestione, di comunicazione, di formazione e di strutturazione della rosa, e di rapporti con l’allenatore e la squadra, di politica di gestione, appunto.

 

Molti tifosi, intanto, stanno dando il peggio di se stessi, criticando Benitez come fosse un incompetente, storcendo il naso rispetto a calciatori che hanno sempre dimostrato il loro valore e che, ammettiamolo, a Napoli, di quel valore, non si sono visti poi così spesso negli ultimi vent’anni. Benitez in un anno ha capito tante cose di Napoli e del Napoli, più di quanto non sia riuscito a fare il suo precedessore, il Mazzarri delle ostinazioni, delle convinzioni a tutti i costi. Quelle sì che erano convinzioni fini a se stesse. Rafa Benitez è stato tra i pochi allenatori nella storia del Napoli a parlare dei problemi della città, a chiedere di parlarne, ad ammirare le sue bellezze, a incuriosirsi alle sue leggende, a viverla, sia pur nella dolce e ovattata misura di colui che un giorno la lascerà. Benitez si è sforzato e si sforza di conoscere il luogo in cui lavora, e per questo ha intuito presto le intenzioni sensazionalistiche, ma dal passo troppo lungo rispetto alla gamba, e le guasconerie di un presidente che non ha ancora capito che Napoli, che lui, che la sua breve storia, le condizioni generali, non sono ancora pronti per diventare grandi.

 

Napoli la conoscete? Pensate soltanto che basti la passione di tifosi d’occasione che ormai non sono nemmeno più appassionati, smarriti dentro una depressione che li sottrae alla loro fama di tifoseria calda e innamorata? Benitez ha fatto capire a chiare lettere che per diventare grandi occorrono le strutture, oltre che le risorse, la storia e l’esperienza, oltre che l’entusiasmo, la tradizione, oltre che il senso della novità. Non bastano i proclami per portare calciatori importanti. Il Napoli è una società giovane, molto giovane, ed è piccola e inesperta. Quello che ha realizzato in questi ultimi anni è già tanto, rispetto a società che si muovono da navigate, reduci da palcoscenici sempre alla ribalta. Come si può sperare che a Napoli arrivi Mascherano, arrivino calciatori di grande spessore (avere Higuain è già un miracolo), se hai uno stadio che rasenta il ridicolo, se non hai un settore giovanile adeguato, se non hai grandi osservatori, se non hai infrastrutture adeguate, se non hai un merchandising di un certo livello, e tanto altro che vive, purtroppo, nel segno di vizi e cattive abitudini che sono anche della Napoli che sa dirsi soltanto scontenta?

 

Benitez invece ha capito, ha capito e ha deciso di continuare, contando su quello che avrà a disposizione. Forse è una maniera di alleggerire il fardello delle responsabilità, per mettere le mani avanti. Può darsi, ma è l’unica soluzione possibile davanti alla consapevolezza di non poter affidarsi a una società abbastanza forte per sentirsi forti. Ma, nonostante tutto, continuerà al massimo del suo impegno. Mister Rafa ha capito, e ha capito fin troppo bene. In questi dieci anni di gestione De Laurentiis, è stato l’unico a mettere in imbarazzo il presidente guascone, il furbacchione, il produttore di sogni e di promesse. E già, perché se il patron azzurro non parla, se ne sta zitto proprio perché ha capito che Benitez ha capito e che l’allenatore spagnolo cercherà di farlo capire anche ai napoletani, spiegandolo col cucchiaino se necessario, pure a quei tifosi ottusi e ostinati che continuano a insultarlo.

 

Rafa, nella sua ultima conferenza stampa, ha citato più volte il pettegolezzo del parente della signora delle pulizie, facendo il verso alla proverbiale tradizione partenopea della voce di popolo che trasforma le ipotesi in verità. Ha capito, Rafa ha capito e adesso lo farà capire ai napoletani. Quando Benitez arrivò all’ombra del Vesuvio, si parlò di rivoluzione, di stravolgimento, di un nuovo progetto. E quello che l’allenatore del Napoli sta facendo adesso che cos’è? La capacità di aver scoperto le carte per la prima volta, non è l’inizio di una rivoluzione? Quello che volevano tutti. Il problema è un altro, è che i napoletani aspettano sempre un Masaniello. Le rivoluzioni, quelle vere, invece, sono fatte prima di tutto dalla pazienza e dalla capacità di stringersi intorno alle cose che contano soprattutto nei momenti di difficoltà.

 

Rafa Benitez questo lo sa, e lo sa dall’alto di grandi successi, veri, che non tormentano la sua smania di vittorie. S’è sbagliato di grosso chi lo ha scambiato per un Masaniello. E meno male.

 

 

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka