Vi era un tempo in cui gli uomini parlavano tutti la medesima lingua. Vi era un unico popolo con un unico obiettivo: raggiungere il potere divino. Dice la leggenda che, per punirne l’ambizione e l’arroganza, Dio scese dal suo regno e, affinchè smettessero di capirsi l’uno l’altro, fece in modo che le persone parlassero tutti lingue diverse. Sulla Torre di Babele la differenza di lingue rendeva impossibile la comunicazione. La tradizione racconta che in quel momento nacquerò tutte le lingue del mondo. Il problema si pone quando un gruppetto di persone, pur parlando la medesima lingua, non riescano a capirsi o, quanto meno, a lanciare il medesimo messaggio all’esterno. È quanto sta accadendo in questi giorni nella sede dell’Internazionale di Milano. Branca, Stramaccioni e Moratti sembrano, all’improvviso, parlare lingue diverse perchè, evidentemente, non hanno compreso la gravità dell’argomento e dei rischi che corrono. Giustificazioni, tuttavia, non ve ne sono: i codici ed i regolamenti sono tradotti in tutte le lingue del mondo.  

 

In questo periodo le parole corrono ed il termine “mobbing” ha subito, all’improvviso, una pesante inflazione. Il fatto: il fu gioiello orange Wesley Sneijder si ritrova, da qualche settimana, ai margini del progetto neroazzurro. Quel che non si comprende, (ufficialmente), sono le motivazioni di tale esclusione se si pensa che, fino a poco tempo fa, lo stesso faceva le fortune del team di casa Moratti. Unico indizio: rinnovo del contratto saltato.
Le dichiarazioni dei massimi esponenti dello squadrone neroazzurro non aiutano certo a fare chiarezza. Moratti, forse più “avveduto” dei suoi dipendenti, parla di “scelta tecnica”. Seppur tale opzione sia più o meno condivisibile nessuno potrebbe obiettare nulla. Il piatto salta se, tuttavia, si ascolta quello che hanno da dire Branca e Stramaccioni: fino a quando l’olandese non firmerà il contratto sarà escluso dai titolari. Gravissimo.    

 

Cosa è il mobbing? Il termine deriva dal verbo inglese “to mob” che letteralmente significa “attaccare in branco, assalire, accerchiare”.

 

Nella prassi il fenomeno viene identificato come una forma di “terrorismo psicologico”, di prevaricazione sul singolo, che viene esercitata sul posto di lavoro, il cui scopo è piegarne la volontà agli obiettivi dei vertici, anche se in contrasto con i suoi diritti. Il mobbing è, infatti, un comportamento illecito, lesivo dei diritti della persona e del lavoratore.
Il mobbing si sviluppa in più fasi la prima delle quali si manifesta nel quotidiano quando, all’improvviso, vi è un brusco cambiamento in negativo delle relazioni interpersonali precedentemente neutre o positive. L'ultima fase si concretizza con l’esclusione dal mondo del lavoro della vittima od il suo demansionamento. Nel caso specifico Sneijder, escluso il breve infortunio, da perno inamovibile dell’Inter è diventato oggetto oscuro, mai più convocato.

 

Al fine di meglio analizzare il caso Sneijder è bene, tuttavia, chiarire che, dal concetto di mobbing, devono essere esclusi i conflitti temporanei. Sono la durata e l’intensità del comportamento vessatorio che determinano condizioni patologiche nel soggetto vittima. La differenza tra mero conflitto sul lavoro e mobbing risiede sulla frequenza e durata dei trattamenti vessatori inflitti.

 

È ben noto che, seppur l’ordinamento sportivo sia autonomo e settoriale, questo deve pur sempre rispettare le norme imposte dallo Stato in quanto ordinamento sovraordinato. A tal proposito gli articoli 2087 e 2103 del Codice civile impongono al datore di lavoro di “adottare, nell’esercizio dell’impresa, tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore”; “il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto”. Il diritto alla salute e la dignità del lavoratore sono beni la cui tutela, sia come interesse soggettivo che della collettività, assumono rilievo anche costituzionale (artt. 32 e 41).
Sulla base dei principi espressi dalla Legge 91/81, la F.I.G.C. ha emanato le carte federali che, unitamente agli accordi collettivi, ed alle norme F.I.F.A. costituiscono il complesso di regole da osservare nel mondo del calcio professionistico.
Le società sono tenute ad “assicurare a ciascun tesserato lo svolgimento dell’attività sportiva con l’osservanza dei limiti e dei criteri previsti dalle norme federali per la categoria di appartenenza in conformità al tipo di rapporto instaurato col contratto o col tesseramento”.

 

La storia ci ha insegnato che lo sport professionistico sostiene strenuamente la libertà contrattuale. A scadenza di contratto lo sportivo deve essere libero di decidere se rinnovarlo oppure scegliere di vincolarsi presso altro sodalizio.

 

Accade, tuttavia, spesso che molte società, al fine di non perdere il calciatore a parametro zero, ricorrono a forme di violenze psicologiche (esclusione dalle rose della prima squadra) nei confronti di quei calciatori considerati “ostici” con l’intento di costringerli a rinnovare i contratti.
Tuttavia, come detto, per comprendere se, in casi di tal tipo, sia possibile parlare di mobbing o di mera inadempienza contrattuale bisognerà verificare se sono presenti i caratteri in precedenza riferiti:
1) ripetizione e/o reiterazione delle azioni ostili per un relativo ampio arco di tempo;
2) vessazione psicologica ricollegabile alla gestione del rapporto di lavoro (rinnovo del contratto o il trasferimento del calciatore presso altro sodalizio sportivo); comportamenti che si sostanziano in un vero e proprio allontanamento della vittima dal gruppo con il suo conseguente isolamento;
3) si presenti come frutto di una strategia societaria, non necessariamente espressa dal proprietario ma anche, semplicemente, dal direttore sportivo o l’allenatore.
E' indubbio, purtroppo, che il caso Sneijder presenti tutte le condizioni indicate. Il caso ha, infatti, coinvolto i tre protagonisti dell’entourage dell’Inter: Presidente, Direttore sportivo, Allenatore. Pare, tuttavia, che l’unico ad avere le idee chiare, anche sugli eventuali rischi corsi, sia solo Moratti.
In queste circostanze l’articolo 12 dell’accordo collettivo riconosce al calciatore il diritto ad una duplice tutela, il risarcimento del danno e/o la risoluzione contrattuale.
Peraltro se vengono ravvisate ipotesi di infrazioni di carattere disciplinare, gli atti di indagine vengono trasmessi alla Procura Federale con tutte le eventuali conseguenze, in termini di sanzioni, per la società coinvolta.

 

Avv. Cristian Zambrini (www.studiolegalezambrini.it)