Una volta si chiamava compensazione. Si chiama ancora così. Con l’introduzione del var sarebbe dovuta scomparire. Un errore sì, due no. In realtà, con l’assistenza della tecnologia, pure un errore sarebbe stato quasi sempre inammissibile. Invece, c’è un’ostinazione talvolta incomprensibile. A San Siro è andata in scena durante Milan-Roma. Non è stata la prima volta e non sarà l’ultima. Giacomelli, quello di Napoli-Atalanta dello scorso anno, ha concesso un calcio di rigore alla Roma invertendo la dinamica dell’intervento falloso e, poco dopo, ne ha concesso un altro, stavolta al Milan, per un fallo che pure a velocità normale è sembrato inesistente. Con la moviola, non ne parliamo.

La domanda è sempre la stessa, patetica e ripetitiva. O, probabilmente, sono patetici e ripetitivi certi comportamenti, per una perseveranza all’errore che ha superato pure i limiti del diavolo. Come funziona la comunicazione tra l’arbitro e la sala var? Perché, anche davanti alla sicurezza in buona fede della decisione arbitrale, dalla sala var non è possibile intervenire modificando la decisione? E come è possibile che due episodi del genere non debbano essere rettificati davanti a milioni di spettatori tra i quali, tanto sono chiare le dinamiche, nessuno potrebbe negarne l'oggettività? 

In un calcio, quello italiano, in cui perdura il silenzio arbitrale fuori dal terreno di gioco – gli arbitri non parlano, non spiegano, non dichiarano – nessuno fornisce spiegazioni. L’audio var è interdetto e l’arbitro continua a figurare come una sfinge incontestabile le cui decisioni sono inemendabili pure quando uno strumento di garanzia di chiarezza e trasparenza lo consentirebbe. Il là fuori conta marginalmente, non sempre, in uno spegnimento accensione silenzioso e in constante omissione. L’assenza della giusta correzione se ne sta in agguato come un’assurda e paradossale presenza.

In Germania, invece, hanno iniziato a sperimentare una soluzione che un principio di trasparenza maggiore. Un tweet che in tempo reale spiega le ragioni dell’arbitro e della sala var. Un testo semplice ed essenziale emesso dalla sala centrale (in Germania il var è centralizzato, non localizzato come in Italia). Pare che questo sistema, quello della sala centralizzata, sia in programma anche in Italia, ma per adesso non sarebbe ancora pronto. Nei casi in cui, tornando in Germania, gli episodi risultino più complessi, anche da spiegare, il sistema tedesco adotta una soluzione ulteriore: prima emette il testo semplice con cui comunica la decisione e la ragione, poi, in seguito, con un nuovo tweet approfondisce le motivazioni tecniche attraverso un mini-dispositivo in corso d’opera. 

Rizzoli, anche di recente, ha più volte affermato che in Italia c’è tutta l’intenzione di aprirsi a una maggiore e più trasparente comunicazione tra l’operato arbitrale (“il nostro mondo”, secondo Rizzoli) e l’esterno. “Ne parleremo con Nicchi”. Una pendenza, tuttavia, condizionata, chiaramente, anche e soprattutto all’opinione della presidenza dell’AIA, nella persona di Nicchi, che una volta ha sbrigato la faccenda dicendo che a chi non stanno bene le cose, può risparmiarsi di andare allo stadio. Beh, adesso davvero non ci si può andare. Solo che certe cose, purtroppo o per fortuna, si vedono ancora meglio in tv.