Nicchi avrebbe dichiarato che chi pensa che il contatto di mano di De Ligt nei minuti finali di Juventus-Bologna sia calcio di rigore non vada allo stadio. Ora, al di là del “suggerimento” molto personale dell’ex arbitro, in tv ci sono situazioni che, in questo caso ad evidenziarle sarà il senno di poi, appaiono piuttosto contradittorie.

Prima giornata di campionato, Fiorentina-Napoli. Massa e Valeri, rispettivamente alla conduzione di gara e al VAR, vengono sospesi a causa di un errore considerato grave da Rizzoli. Il rigore concesso al Napoli per presunto fallo ai danni di Mertens non era da concedere. All’inizio della gara, però, dopo pochi minuti, Massa, consultato il VAR, decreta un penalty per la Fiorentina per fallo di mano di Zielinski. Il pallone, in una mischia dove il calciatore del Napoli è stretto a un avversario, colpisce prima il costato alla destra del petto di Zielinski e poi il braccio del calciatore, parte del corpo che, secondo le nuove regole, viene ritenuta in posizione scomposta e quindi punibile con il calcio di rigore. L’episodio, che agli occhi di qualcuno non appare così convincente, passa in secondo piano rispetto al polverone mediatico che invece scatena la decisione, poco più tardi, da parte di Massa di concedere un rigore al Napoli che, viste e riviste le immagini, effettivamente sembra non esserci.

Ottava giornata di campionato, Juventus-Bologna. Quasi allo scadere, De Ligt interviene in area di rigore della Juve su un cross di un calciatore del Bologna proveniente dalla fascia destra. Il pallone prima colpisce la gamba del difensore bianconero e poi impatta vistosamente sul braccio del calciatore olandese. L’arbitro non concede il calcio di rigore. Eppure, la dinamica dell’azione non convince la sponda bolognese. E non solo quella. 

Le televisioni, con tanto di supporto regolamentare che, va detto, in alcuni punti non chiarisce in maniera efficace la valutazione di certe dinamiche, assicurano che la decisione presa da Irrati sia quella rispondente ai dettami del regolamento che, sempre secondo questa “nota televisiva”, non punisce col rigore quel tipo di intervento perché la palla ha colpito prima una parte del corpo con cui si può giocare il pallone. Bene. Diciamo così. E diciamo così perché ci sono degli aspetti che non tornano. Qual è la differenza tra il rigore fischiato a Zielinski e quello non fischiato a De Ligt? In entrambi i casi il pallone colpisce prima una parte del corpo “regolare” e in entrambe le situazioni il braccio è largo abbastanza da essere considerato in una posizione che favorisce il calciatore che colpisce la palla in maniera difettosa. Perché uno è rigore e l’altro no? E, soprattutto, anche se esistesse un elemento discriminante preciso tra i due episodi, su quali basi chiare e oggettive si fonderebbe? Si configurano con così tanta chiarezza?

Ora, col senno di poi di cui sopra, i media dovrebbero correre in garanzia del rigore concesso alla Fiorentina nella partita in cui la polvere si è alzata per un episodio e non per l’altro o dovrebbero urlare allo scandalo come per quello concesso al Napoli che non andava concesso? E, con un senno di poi più fresco di giornata (anche se in questo calcio così poco chiaro tutto viene dimenticato così facilmente), Rizzoli potrebbe pensare di sospendere Irrati? In effetti, è stato proprio Rizzoli, prima dell’inizio del campionato, a illustrare le nuove regole per la valutazione del calcio di rigore. E, secondo queste spiegazioni di pochi mesi fa, quello di De Ligt sarebbe sanzionabile. E la nota di quella spiegazione sarebbe utilissima, perché chiarisce che quel tipo di intervento va valutato secondo le regole e non secondo interpretazione (come invece avveniva prima), definendo la dinamica in questione come “una cosa oggettiva e non più soggettiva”.

Adesso, sia ben chiaro, qui non si vuole superare la perizia e l’attendibilità degli arbitraggi. Né discutere gli episodi citati da un punto di vista tecnico. Soltanto, porsi qualche domanda davanti a qualcosa che non sembra sufficiente a chiarirsi fino in fondo. Principalmente, intorno ai comportamenti e alle reazioni, più che agli aspetti più tecnici, prudentemente affidati a esclusiva attenzione e applicazione di chi è assegnato a farlo.

Difficile stabilire dove sta la ragione delle ragioni, dove la cosa più giusta. E il problema è proprio questo. Un problema che troppo spesso trasforma le televisioni in pseudo corti supreme e gli arbitraggi in faccende televisive. Sapete com’è, certe faccende hanno il dovere di chiarirsi a chi le vorrebbe più chiare. Negli stadi e davanti alla tv. Senza che questo invito diventi la reazione offesa di chi vorrebbe imporlo come un divieto. Ma non ditelo a Nicchi.