E' lui l'uomo del momento con una grande responsabilità sulle spalle, come massimo esponente Federazione Italiana gioco calcio, e che si sta adoperando con meticolosità per far ripartire il calcio made in Italy.

Gabriele Gravina è un uomo di calcio che di strada ne ha fatta tanta, prima di arrivare su quella poltrona dove oggi siede con soddisfazione.

Sul piano strettamente imprenditoriale lui creò il Gruppo Gravina che opera nel settore dell’edilizia e che gestisce assieme ai figli Francesco e Leonardo (avuti dalla prima moglie).

In Federcalcio è praticamente da una vita: conosce tutto e tutti i protagonisti, e si è dimostrato nel tempo un personaggio scaltro, furbo e lungimirante

Gravina detesta l’immobilismo e lo ha dimostrato con quella frase profonda che ha lasciato il segno: "non sarò il becchino del calcio italiano"

Gravina ed il suo esordio nel mondo del calcio

 

Calcisticamente parlando, Gravina è nel mondo del calcio dai primi anni '80, e come in ottica aziendale, egli punta tutto sulla questione della sostenibilità.

L'inizio della sua avventura col pallone avviene agli inizi degli anni Ottanta, in occasione del progetto di rilancio della realtà di Castel di Sangro, attraverso lo sport e principalmente con il calcio.

Quel Castel di Sangro che ripartiva nel 1982 dalla Seconda categoria fu il suo primo banco di prova in campo calcistico, e la scalata fu clamorosa ed al tempo stesso esaltante: tre promozioni consecutive e il balzo della squadra in serie D, dove il team sangrino conquistò un terzo, un secondo e un primo posto, approdando così nei professionisti.

La conquista della serie C2 fu il definitivo trampolino di lancio per il bravo Gravina, che venne eletto per la prima volta come consigliere di Lega e condivise con l’allora presidente Giancarlo Abete la stagione delle riforme (tre punti a vittoria, play off e play out, budget-tipo, valorizzazione dei giovani) che ridiede slancio alla categoria.  

Nel 1992 il suo esordio nel consiglio federale, ruolo di rappresentanza che manterrà quasi ininterrottamente fino ai nostri giorni. 

La sua presidenza nel Castel di Sangro ha determinato la scalata del club fino alla serie B,  dopo la finale play-off contro l'Ascoli che vale la serie B, e dopo i calci di rigore è la squadra abruzzese a festeggiare l'impresa; con essa anche una popolarità derivante da quello che da più parti è stato ritenuto una sorta di “miracolo” sportivo, ottenuto in una realtà territoriale di poco più di 5 mila abitanti e in un’epoca (dal ’96 al ’98) in cui non c’erano ancora i proventi derivati dai diritti TV. 

Negli ultimi venti anni il nome di Gravina è stato accostato a tante squadre di calcio, ma non è mai andato oltre una sponsorizzazione. Aveva ben in mente il suo fine: la carriera federale.