Il Napoli fino a prima della decimazione dovuta agli infortuni sembrava essere venuto su molto bene anche grazie alla scaltra ottimizzazione di certi paradossi. Adesso, però, la voce infortuni può essere alzata fino a un certo punto, perché la gara con lo Spezia – il nuovo Chievo, considerando il clamoroso scivolone casalingo della scorsa stagione, sempre per mano dei liguri – ha detto che un’altra parte, quella criticamente paradossale, di questo Napoli eterno bifronte, sembra non voler scomparire dai momenti cruciali del campionato. 

I tre punti persi con i liguri, molto alla portata, avrebbero potuto dare peso e qualità a quelli conquistati a Milano. Così come il dopo Lazio, dei due punti sfuggiti col Sassuolo (da 2-0 a 2-2 nei venti minuti finali) avevano già rappresentato l’emblema di quel tante volte già visto. 
Ordine sparso di quei paradossi vuole una difesa orfana di Koulibaly, ma che continua a subire pochi gol, purtroppo, però, decisivi. Le due reti subite nelle ultime tre gare sono costate sei punti. Eppure, in un pagamento di colpe oltremisura, a causa di sconfitte patite senza subire gli avversari in fase difensiva e senza tiri in porta degni di nota (un rimpallo e un’autorete hanno condannato il Napoli in 180 minuti casalinghi e maledetti).

Tuttavia, le giustificazioni non possono fondarsi su un divario ampio ed evidente, che il Napoli avrebbe dovuto imporre ai suoi avversari (molto modesti), nonostante e al di là delle assenze. 
Emergono alcuni interrogativi. Perché quel Mertens così brillante visto con Inter, Lazio, Sassuolo e Atalanta è stato utilizzato col contagocce? Soprattutto, perché sostituito nell’intervallo con lo Spezia, quando poco a poco il mancato impiego di Elmas (inspiegabile, se si tiene conto che il macedone è tra gli uomini più in forma) sin dall’inizio e l’uscita di Zielinski hanno sottratto qualità alla squadra?

L’ostinazione di tenere in campo un Lozano poco lucido, l’utilizzo di Ounas e Petagna considerati allo stesso livello dei risparmiati Mertens, Elmas e Zielinski, aumentano il volume di interrogativi che non aiutano a nutrire gli alibi che fino a qualche partita fa potevano soccorrere certe mancanze, ma che con Empoli e, soprattutto, con lo Spezia non possono essere avanzati.

Il Napoli nelle ultime tre partite di campionato non ha segnato nemmeno un gol su azione. L’unica rete, quella di San Siro, è arrivata su calcio d’angolo. Questo, se si considera pure il valore dei due impegni casalinghi intorno al successo al Meazza, è un campanello d’allarme ben più preoccupante di altri.

Verona, Empoli, Spezia (tutte e tre al Maradona) e Sassuolo sono valse due punti. Gli altri dieci andati sfumati avrebbero tranquillamente oscurato le due sconfitte con Inter e Atalanta, perché il Napoli avrebbe addirittura conservato la vetta conseguendo il titolo d’inverno. E il “peccato originale” del Napoli mai in grado di confermarsi trova amaro conforto nel fatto che l’Inter capolista con Milan, Lazio e Juve ha ottenuto due punti, mentre il Napoli ne ha conquistati nove. Nel computo degli scontri diretti i partenopei, considerando le altre sette candidate all’Europa, hanno ottenuto quattro vittorie e un pareggio (13 punti in totale). L’Inter, invece, una vittoria in meno (12 punti in totale).

Ecco che, nonostante gli infortuni e diversi episodi contrari, il Napoli avrebbe potuto resistere agli attacchi delle inseguitrici, assistendosi e resistendosi. Sì, perché pare che a volte il Napoli si comporti come il peggiore avversario di se stesso.