Il Napoli sta dominando la partita di ritorno col Salisburgo. Il goal di Milik ha definitivamente chiuso il discorso qualificazione. Gli uomini di Ancelotti sono nel pieno controllo della partita. Ottimo possesso palla e palleggio veloce. Al 25’ Allan perde banalmente palla durante un’azione in uscita dall’area di rigore. Immediatamente dopo quella palla persa di quel Napoli brillante e sicuro di sé si vedrà poco e niente.

Il Napoli da due mesi pare aver smarrito se stesso. Completamente. Tra Roma e la sconfitta del San Paolo per mano dell’Atalanta soltanto la gara all’Olimpico resta l’unica prestazione convincente degli uomini di Ancelotti. Empoli, la gara casalinga col Genoa, la doppia sfida con l’Arsenal, con in mezzo la parentesi inattendibile di Verona, e la sconfitta interna coi bergamaschi hanno detto di un Napoli dal copione impaurito e dimesso. Da gennaio a fine aprile, di fatto, qualche sprazzo di luce con la Lazio al San Paolo, a Parma (e nell’orgogliosa partita contro la Juve a Fuorigrotta) e nella gara di andata col Salisburgo. Proprio agli ottavi, dopo il goal di Milik in Austria, il Napoli ha deposto se stesso illudendosi, soprattutto per bocca di Ancelotti, di riuscire a ritrovarsi nei momenti importanti. Una promessa che, a cose fatte, ha il sapore dell’autoconvincimento. Il Napoli spavaldo e brillante del girone di Champions e di un girone d’andata condotto ad alto livello e con pochissimi passaggi a vuoto si è perso nella sconfitta di Milano in Coppa Italia, un momento in cui si è capito che il vero Allan avrebbe alimentato la nostalgia di se stesso, che l’assenza prolungata di Albiol sarebbe stata un problema, che Hamsik non sarebbe stato facilmente sostituibile e che alcuni dei punti fermi di Ancelotti avrebbero sofferto più di tutti quando quell’autoconvincimento si sarebbe rivelato la spia di una paura grande come le aspettative che di lì a poco l’avrebbero messo a nudo.

Eppure, come dare la colpa all’allenatore dei tanti, troppi goal sprecati davanti ai portieri avversari? Estremi difensori modesti che col Napoli si trasformano in tanti Zoff. E valga lo stesso per goleador d’occasione e altri calciatori anonimi trasformati in giganti dalla fragilissima condizione mentale di questa squadra. Ovviamente, non si può ridurre un calo di rendimento così radicale soltanto al problema della freddezza in fase realizzativa. Alcuni comportamenti si percepiscono diversi, in una confusione d’intenti in cui non si comprende se Ancelotti voglia tutelare o confezionare per essere messi sul mercato alcuni calciatori.

Così come, lo dicono i fatti, non bisogna nascondersi dietro il fatto che questo Napoli ha sofferto sin da subito l’assenza di due uomini che hanno contribuito in maniera determinante a costruire la struttura spirituale di questa squadra. Hamsik e Albiol non si trovano sul mercato di gennaio, e, probabilmente, nemmeno su quello estivo. E Ancelotti questo lo sa, anche se il suo stile rassicurante ha sempre provato a nasconderlo. Ma il problema di questo Napoli, stando alle apparenze, risiede proprio nel dato emotivo. Molti di questi calciatori sembrano impauriti dall’idea di dover rinunciare a un obiettivo. L’entusiasmo della squadra è stato minato da un campionato nato già in seno alla rassegnazione. L’uscita dalla Champions ha tolto al Napoli il suo coraggio numero uno, che nemmeno la corsa all’Europa League ha saputo restituire, perché il Napoli è stato sconfitto dall’Arsenal proprio perché è arrivato a questo appuntamento terrorizzato dall’incombere dello scoramento, dall’idea che sarebbe stata l’ultima possibilità. Se negli altri anni il Napoli si era spesso dato una sola possibilità dal principio della stagione, quest’anno era stato tentato di darsene più di una.


Voltarsi indietro

Sembra ieri che gli stessi, o quasi, che oggi rimpiangono Maurizio Sarri, pochi mesi dopo aver esaltato il lavoro di Ancelotti, ribaltando nuovamente la direzione della necessità di scagliarsi contro qualcosa, non risparmiavano critiche e mugugni all’allenatore colpevole di non cambiare, di far giocare sempre gli stessi, di essere incapace di giocarsi più competizioni, reo, a loro dire, di rifiutarle addirittura, di mandare in campo la squadra per perderle, quelle partite buone soltanto a distogliere i calciatori dall’unica possibilità da giocarsi. Tra i social e le opinioni pubblicate – forse è arrivato il momento di distinguere un articolo da uno sfogo – a Napoli il mar d’entusiasmo si è trasformato in una cloaca stagnante che fa rimbalzare sempre le stesse onde tra le solite sponde. I pro quello e i pro questo, i contro quello e i contro questo. Ma la tristezza per il sostegno e il tifo trasformato in campo di battaglia della fazione è ormai stata passata abbondantemente al setaccio. Si può essere stanchi e afflitti da questa partigianeria intestina patetica e inevitabile? La cosa peggiore a cui si sta assistendo da tempo dal punto di vista della coerenza e dell’onestà intellettuale è la confusione di richieste e di desideri, ancora più condizionata dello stato emotivo della squadra. Perché, in fondo in fondo, chi maledice il presente desiderando il passato ha già fatto lo stesso quando il passato era presente.


Una crisi in forma di domanda

Il Napoli attuale, che forse non aspetta altro che il campionato finisca, è in una situazione per cui sarebbe avventato azzardare una definizione di forma di risposta e di certezza. La crisi di questo Napoli è piena di interrogativi. Ancelotti ha le sue responsabilità, come i calciatori e la società, ma darsi un emblema unico risulterebbe superficiale e codardo. L’interrogativo più grande si poggia sull’entusiasmo dello stesso allenatore, manifestato poco tempo fa, sulla permanenza dei calciatori più importanti. E allora, se così non fosse, perché la parte più consistente e importante non dovrebbe rispondere alla guida tecnica che fino a due mesi fa faceva girare il Napoli come nei suoi desideri? Perché esternare quell’entusiasmo, in maniera così netta e definitiva, se poi tutto quell’entusiasmo sarà rielaborato presto per essere affidato a nuovi interpreti? Questo Napoli vuole cambiare o sta cambiando rendendosene amaramente conto?