Dieci anni sono quasi trascorsi dalla scomparsa del brasiliano Socrates, "il dottore" come veniva soprannominato in virtù degli studi che aveva intrapreso, parallelamente alla attività calcistica.

Se n'è andato sul finire del 2011, all'età di 57 anni e con problemi di salute causati soprattutto da quel vizio di bere, che non riusciva a perdere nonostante i tentativi.

Socrates è stato un centrocampista brasiliano di notevole tecnica e dal fisico asciutto e longilineo, che per diversi anni è stato colonna della nazionale brasiliana, fino al mondiale in Messico del 1986.

Dopo una lunga trafila nel club del Corinthians, di cui era il leader indiscusso (famosa la democrazia corinthiana), all'età di 30 anni arriva per "il dottore" la chiamata dall'Italia: è la Fiorentina

I maggiori quotidiani sportivi annunciarono nel giugno del 1984 il colpo più clamoroso del calciomercato italiano, messo a segno da Tito Corsi e da quell’Italo Allodi che dieci anni prima aveva allestito proprio la fortissima Juve contro cui i viola si erano scornati gli anni precedenti; adesso si era assicurato per conto della Fiorentina le prestazioni di quello considerato uno dei più grandi giocatori dell’epoca, capitano e leader di un Brasile stellare e che solo l’Italia di Enzo Bearzot aveva tenuto fuori dalla Coppa del Mondo '82.

 

Socrates non era un personaggio qualsiasi, soprattutto dal punto di vista umano: nato a Belém nello stato carioca del Parà il 19 febbraio 1954, suo padre, un profugo cristiano palestinese che aveva letto la Repubblica di Platone, gli mise il nome del più grande filosofo dell’Antichità, sognando per quel figlio un futuro da intellettuale.

Socrates non deluse le attese, ottenendo la laurea in medicina e conseguendo l’abilitazione all’esercizio della professione medica.

Nel frattempo si era reso conto di avere un futuro ancora più luminoso come calciatore, possedendo un talento innato nel paese considerato il paradiso del calcio.

La sua esperienza in Italia in maglia viola 

Entrare allo stadio Comunale quell’anno fu un’impresa ardua.

Ad assistere alla partita di Coppa Uefa contro l’Anderlecht, terminata col punteggio di 1-1, si è calcolato che fossero presenti oltre 60.000 spettatori, probabilmente il record fiorentino di presenze di tutti i tempi.

Gaol Fiorentina di Socrates, poi pareggiò Vandenbergh, al ritorno in Belgio finì in una débacle viola: KO clamoroso per 6-2 e primo affiorare dei problemi che avrebbero fatto naufragare quella promettente annata.

Al ritiro a Pinzolo il brasiliano andò in crisi a causa dei metodi di allenamento che per il nostro calcio erano usuali, ma che lui non praticava in patria, tanto da soffrire specialmente le salite.

In campo, l’uomo che aveva incantato il mondo con la maglia verdeoro, con quella viola andava a trazione ridotta; gli altri correvano e lui rimaneva indietro, del resto, era più facile vederlo di sera in qualche circolo ricreativo culturale a parlare di politica e a bere birra e fumare come un turco, piuttosto che di pomeriggio con i compagni ad allenarsi.

 

Lo spogliatoio viola nel frattempo si era spaccato in due fronti, per effetto del dualismo creatosi tra Socrates e Passarella, che non potevano essere più diversi umanamente e che infatti non si presero a pelle.

A riguardo di questa spaccatura nella squadra, è interessante trovare nel web una intervista a Pin, all'epoca difensore viola.

La Fiorentina concluse quell’anno con un campionato scialbo, senza infamia né lode, e tra la Fiorentina e Socrates la separazione fu consensuale.

Troppe sigarette nei suoi polmoni, troppa saudade, troppi interessi extra calcio, avevano reso la parentesi fiorentina di Socrates breve e condita da 7 reti, di cui una molto bella nel match contro l'Atalanta.