di Elio Goka

 

In Italia il pallone sta in mano agli arbitri. Gli errori, spesso orrori, sono tanti, troppi. L’effetto domino dei pasticci di questa magistratura del fuorigioco scatena le alterazioni dei risultati. E non una volta sola. Basta con questa cantilena della compensazione. Il rigore inesistente assegnato dall’arbitro di Roma-Empoli che, di fatto, ha regalato la qualificazione ai padroni di casa come sarà compensato? Faranno rigiocare gli ottavi all’Empoli?

 

La classifica della serie A è alterata, il tabellone della coppa Italia è alterato. Il telecronista della Rai ha impiegato due minuti prima di tirare fuori il coraggio di dire che quello assegnato alla Roma non era rigore. Perché? Perché quell’imbarazzo di un silenzio lunghissimo? E non è la prima volta, perché gli stessi atteggiamenti si verificano anche durante altre dirette di altre emittenti. 

 

Il calcio che rifiuta la moviola in campo vuole convincere di una buona fede che non ha il minimo coraggio di dimostrare coi fatti. L’uomo è fallibile, oppure è in malafede. In entrambi i casi subentra l’intervento di un errore determinante che col regolamento non ha niente a che fare. L’errore dell’attaccante, l’errore di un allenatore, la papera di un portiere, un passaggio sbagliato sono fatti regolamentari. Un gol in fuorigioco, un rigore inventato, una decisione completamente fuori dalla realtà non lo sono.

 

L’arbitro è da sempre la figura che nel pallone svolge una funzione che va ben oltre i limiti dell’umana comprensione. Il calcio è lo sport di squadra più popolare che non ha l’umiltà e l’onestà di affrontare seriamente questa anomalia. In campo si applaudono i calciatori o si maledicono i loro errori. Che c’entra questa presenza ingombrante del giudizio sul risultato, della decisione sull’esito, dell’alterazione di come dovrà finire?

 

In Italia tutto questo ha subito un’evoluzione, negativa, a tratti imbarazzante. La domenica se ne vedono di cotte e di crude. A volte non passa partita che non subisca un dirottamento da parte di un errore arbitrale. Devono decidere loro? Si deve stare a sua maestà fidatevi di me? Si deve sperare che sua eccellenza non contestatemi che vi ammonisco non si sbagli? Parlare di credibilità sta diventando sempre più ridicolo. È mai possibile che questo calcio piaccia così tanto? Se ognuno, ma non succede, avesse il buon gusto di stare zitto quando viene danneggiato, allora potrei pure crederlo. Ma in Italia la lamentela è direttamente proporzionale al silenzio e al politicamente corretto che si registrano quando l’errore è a proprio favore.

 

Suonatori di violino, predicatori dell’equilibrio che vantano chissà quale stile antico, non siete altro che la rappresentazione infantile del piagnisteo. Gli arbitri, chi li dirige, chi li educa, chi li vuole e chi li giustifica, sono i vostri burocrati.