Siamo alle cover. Alle plastificazioni, ai fantocci di cartone a mo’ di ironico sit in. Me lo ricordo ancora, Ferlaino incappucciato a bordo campo, sotto la pioggia, pure d’inverno, a vedersi la partita. Me li ricordo ancora Rozzi e Viola, dell’Ascoli dei miracoli e della Roma che vinceva e faceva prima pagina, davvero, senza proclami sprezzanti del pericolo tattico e col calcio a farla da padrone.
Mi ricordo pure Anconetani, del Pisa che nessuno sa se ritornerà più in A, Agnelli, poggiato sul suo elegante bastone e con l'orologio in bella mostra, e Pellegrini, l’interista un po’ antipatico con l’arma della diplomazia. Ma una sagoma di carta, quella proprio non me la ricordo.
Siamo alle gigantografie, ai messaggi di polistirolo, e il bello è che qualcuno li sfodera sulle cose nate a muso duro. Sembra un’iniziativa da partito di circostanza, la protesta “simpatica” di qualche presidente, come quei movimenti che durano un mese e, colorati di rosa pallido, sfoggiano l’innocua soluzione alternativa. Per cosa? Magari per una cosa seria.
Fa ridere, e non poco, a guardarle, certe scene. Come fanno ridere quelli che mandano via un allenatore dopo tre partite - a qualcuno ne è anche bastata una - per passare alla storia come “esonerallenatori”. Magari chi si sbarazza così presto del mister, un giorno s’inventerà l’allenamento a progetto, il cocoprò della domenica, oppure, sempre fedele alla filosofia dell’avanti un altro, ne assumerà tre o quattro da mettere in competizione. Per la serie, uno almeno mi garberà. Ma in fondo, per qualcuno, non è che una nevrosi gestionale licenziarne uno per non mandarne via venti.
Gli inglesi, intanto, da buoni censori autorizzati - da chi non si è mai capito - si lamentano degli allenatori squalificati che fanno le sostituzioni nell’intervallo, mentre tra presidenti squalificati e allenatori deferiti, la tribuna sembra essere diventata la riserva dei diffidati di lusso. Somigliano più a degli ultrà irrequieti, le alte dirigenze tecniche e societarie, che, anche senza obbligo di squalifica, si vedono spesso rinchiuse e isolate in quelle stanzette buie in plexiglass, i buchi neri in mezzo all’illuminazione dello stadio. Se ne stanno lì dentro, come l’Innominato, a scrutare il pallone dall’alto in basso, conservati nella scatola per le bomboniere.
Per obbligo o per scelta, per vezzo o per comodità, a volte pare che dal confine del campo agli spalti dello stadio, si verifichi una certa separazione, dentro i margini dei settori, dentro le gabbiette per gli squalificati e le sedie riservate alle gigantografie. Siparietti disarmanti. La morale, che la sorte ce ne liberi sempre di questa morale, è che a litigare troppo prima o poi si resta soli, oppure si finisce per farsi surrogare da una sagoma di cartone.
Elio Goka