Se ne sono lette di tutti i colori su Donnarumma in queste ultime ore: c’è chi lo chiama ingrato, chi Dollarumma, chi lo apostrofa con termini ancora più coloriti e chi ci va giù ancora più pesantemente. Cambiano i termini usati, ma la sostanza è sempre la solita: “Ha sbagliato lui insieme a Raiola nel trattare così il Milan. Dopo il bacio alla maglia poi…”. E se non fosse solo questo il lato da cui guardare la cosa? Sicuramente l’essersi reso protagonista di un gesto simile, salvo poi rifiutare il rinnovo, ha disegnato un bersaglio enorme sulla schiena del 18enne, ma forse sarebbe il caso di fare qualche passo indietro e provare ad analizzare tutta la situazione e poi - magari - si potrebbe scoprire che qualche colpa la ha anche il Milan.
Per mesi si è detto: “Bisogna costruire un Milan vincente per convincere Donnarumma a restare”, lo hanno detto tutti gli insider, lo stesso Raiola nel febbraio scorso disse una cosa simile, ma c’è una precisazione da fare: all’epoca non c’era alcuna certezza societaria - era appena saltato nuovamente il closing - e l’attuale dirigenza non aveva avuto alcun contatto con Donnarumma, era Galliani a tentare di convincere il ragazzo a restare. Qui sorge il primo punto di riflessione: se il portiere era davvero considerato il cardine del Milan cinese, perché non dare subito a Fassone e Mirabelli il mandato di trattare il rinnovo facendo vedere che delle trattative importanti erano già state avviate? Questo è uno snodo fondamentale perché i tifosi aspettano le ufficialità per parlare di competitività, ma i dirigenti sanno già come stanno le cose e trattative come quelle per Kessié o Rodriguez o André Silva non si risolvono in 48 ore e dunque perché non usarle in sede di rinnovo? Ma così non è stato dato che si è aspettato il 15 giugno per avere questo faccia a faccia risolutivo a Casa Milan.

Questa è una prima pecca di Fassone e Mirabelli che hanno aspettato forse un po’ troppo per tentare di far apporre la firma sul contratto a Donnarumma. Sì, perché ce n’è una - forse più importante - di pecca in questa vicenda e riguarda le trattative stesse. Il direttore generale rossonero ha affermato che le cifre in ballo erano anche superiori rispetto ai 4 milioni ipotizzati nei giorni precedenti al summit, ma che queste non sono bastate - a detta di molti - per il mancato accordo in merito alla clausola rescissoria. Quando si ha a che fare con un professionista del suo mestiere come Raiola - ultima regalo della gestione di Galliani - necessariamente bisogna scendere a compromessi: bisogna raggiungere quella situazione di ottimo di Pareto per cui le condizioni di una parte non possono più essere migliorate senza intaccare quelle dell’altra. Bisogna tendersi la mano e venirsi incontro e dunque se proprio non si poteva raggiungere la cifra che è stata offerta da Donnarumma dalle big mondiali, si poteva accettare di inserire una clausola monstre, oppure offrire quanto richiesto da Raiola per il suo assistito rinunciando alla suddetta clausola. Una sorta di gentlemen agreement in cui il Milan chiede a Gigio e Raiola di evitare la clausola rescissoria (o di rinunciare a qualche milione in più di ingaggio) impegnandosi ad aumentare sostanzialmente il contratto del ragazzo (oppure di inserire una clausola relativamente bassa per l'estero) con il tacito accordo che la società rossonera non si sarebbe mai opposta ad una cessione del portiere.
Lungi dal dire che fare queste due cose avrebbe portato il Milan ad ottenere il rinnovo del contratto del ragazzo, ma sicuramente avrebbe scaricato in pieno le responsabilità sul ragazzo e sul suo procuratore sempre in cerca dell’offerente migliore, visto che sarebbero risultati ineccepibili agli occhi dell'opinione pubblica. Fassone e Mirabelli sono dei professionisti nel loro ambito, ma qualche piccolo errore nel condurre questa trattativa lo hanno commesso, pertanto sembra ingiusto affermare che la responsabilità sia solo di Donnarumma, che comunque come tutti i ragazzi di 18 anni è giusto che possa commettere degli errori e - alla fine della fiera - è quello con meno responsabilità di tutti: il Milan poteva condurre meglio la trattativa, Raiola poteva mostrarsi meno desideroso di soldi e aspettare qualche anno in più per lucrare sul suo talentuosissimo assistito e, infine, la famiglia di Gigio poteva fare qualcosa di diverso invece che affidarsi ai vari post su Instagram che servono solo a mettere ulteriore benzina sul fuoco.
Facendo però qualche ulteriore passo indietro, però, sorge un altro dubbio che scagionerebbe entrambe le parti dalle responsabilità di questa telenovela dal finale tragico e inaspettato per i tifosi milanisti. Tutti questi discorsi sovra esposti e di cui si è tanto chiacchierato nelle ultime 48 ore potrebbero essere vacui nel caso in cui Donnarumma fosse già stato liberato dal contratto con il Milan dalla vecchia dirigenza e i suoi soldi stiano già finanziando parte del mercato attuale rossonero: a questo punto tutti i discorsi sull’ingratitudine lascerebbero spazio ad un nuovo filone della querelle in cui i principali responsabili sono lontani dalle scrivanie di via Aldo Rossi… Ma questo lo scopriremo solo se e quando arriverà l’ufficialità della cessione di Gigio, un ragazzo appena maggiorenne finito in una situazione più grande di lui e che adesso è il bersaglio più grande della critica, sebbene sia quello meno colpevole fra tutti.