Antonio Juliano sapeva di paternità. La sua figura era genuinità e autorevolezza. L’orso buono di un pallone che aveva fatto i conti con la durezza stretta dentro un tempo lungo e irripetibile. Gli anni ’60 e gli anni ’70 hanno giocato un calcio ruvido e raffinato al tempo stesso. E quel ventennio “Totonno” lo ha coperto quasi tutto. Con la maglia del Napoli per una vita e con un finale riservato a quella bolognese.

Tuttavia il suo cuore, la sua testa e la sua identità resteranno sempre dentro la storia del club all’ombra del Vesuvio. Da calciatore Juliano può essere considerato tra i più importanti della storia azzurra. Campione d’Europa con la nazionale, solo due Coppe Italia conquistate col Ciuccio. Solo, perché Juliano avrebbe meritato scudetto e coppe europee. 

La sua caratura di giocatore e di uomo squadra è di quella che oggi lo investirebbero capitano e punto di riferimento di un gioco che ai suoi tempi affondava le radici dentro le prime sperimentazioni del calcio “totale” che a Napoli fece capolino con l’undici di Vinicio ancor prima che facesse la sua apparizione nell’Olanda di Cruijff e di quel Ruud Krol che proprio Juliano, da dirigente, avrebbe condotto a Napoli prima del grande capolavoro compiuto da dirigente nel 198: Diego Armando Maradona.

Sì, Antonio Juliano ha portato a Napoli i suoi due più grandi fuoriclasse della sua storia. Ruud Krol, protagonista dell’Ajax pluricampione d’Europa e del mondo, fonte della rivoluzione tattica del futbol, e Diego Armando Maradona. A Barcellona, quando tutto sembrava perduto, fu Juliano a muovere le pedine giuste per mettere in difficoltà il club catalano per costringerlo a lasciare partire il Pibe de Oro. Il telex letto pubblicamente da Antonio Juliano resta il manifesto della trattativa più importante della storia del calcio. 

Zoff di lui sottolineò il fatto che spesso passasse per un “napoletano atipico”, perché distante dagli stereotipi e dai luoghi comuni dell’oleografia partenopea. Un complimento che in fondo cadeva in un inciampo, perché Juliano in realtà incarnava molto della cultura napoletana. Quella della sensibilità annidata nell’ombra di una discrezione che sapeva dell’azione paziente e decisiva. E che mal sopportava l’ottava ennesima dell’ammuina fine a se stessa.

Antonio Juliano resterà per sempre una maschera della storia del calcio napoletano. La sua espressione a scavargli i lineamenti conformi alla sua parola essenziale e pungente, concreta e profonda, di quelle personalità scomparse perché non più possibili in questo tempo, parlerà di lui come di una figura di prim’ordine nei ricordi e nella stima dei napoletani. La storia del Napoli è quella di un luogo non comune. Più Antonio Juliano.