Per il Milan rischia di essere, appena riconquistata la leadership italiana, di nuovo l’anno zero.
Qualsiasi sia il tenore delle dichiarazioni che questo pomeriggio Silvio Berlusconi farà al raduno del Milan, dove non è voluto mancare e occasione alla quale Galliani ha rinviato finora qualsiasi commento in prospettiva sugli effetti della sentenza-mannaia sul Lodo Mondadori (la Finivest è stata condannata al pagamento di oltre 500 milioni di euro di risarcimento a De Benedetti), per i rossoneri è chiaro che, per la terza volta negli ultimi sei anni, c’è un po’ da ricominciare tutto.
Fu Shevchenko il primo ad andarsene per ragioni di bilancio, inaugurando un nuovo corso per il Milan che, fino ad allora, non aveva mai venduto i suoi campioni. Allora c’entrò anche Calciopoli nel ridimensionamento dei rossoneri, ma l’ucraino era già venduto da settimane al Chelsea. Poi, fu la volta di Kakà, sempre per il bilancio.
Il patron del Milan era tornato a investire nuovamente, l’estate scorsa, più nella quantità di cifre medio-alte, che per un solo nome. Oggi, appare difficile capire chi il Milan possa vendere, nel suo terzo anno-zero. Ibrahimovic, l’unico che possa rimpolpare le casse, non è tecnicamente di proprietà di via Turati. E, dunque, tornano ad addensarsi spettri sulla carriera da capitano del Milan di Thiago Silva.
La speranza dei tifosi, paradossalmente se pensiamo solo a sette giorni fa, è che l’impatto della sentenza possa esaurirsi nell’addìo agli obiettivi di mercato sbandierati finora, comunque nessuno dei quali, Fabregas compreso, avrebbe garantito un Milan da Champions, almeno per il momento, che non ci siano emorragie tali da rimettere in discussione la leadership appena riconquistata nel nostro campionato, e che nel frattempo quel che di buono si è seminato lo scorso anno (leggi soprattutto i giovani) possa definitivamente consacrarsi.
Zero arrivi, e tenere l’organico attuale: per essere un anno zero, sarebbe un compromesso d’oro.