Un tempo la chiamavano programmazione aziendale. Questa era destinata ai manager, ai direttori sportivi, a coloro che secondo i rispettivi presidenti erano in grado di comprare a 1, ammortizzare a 5 e vendere a 10. Coloro i quali riuscivano ad acquistare giocatori dati per finiti riportandoli ad assoluti protagonisti della scena; i manager che curavano con particolar cura e ricerca di novizie il settore giovanile e, i direttori sportivi in grado di montare un "caso" per cedere a prezzi da "bazar di pellame" i propri campioni... questi erano i migliori. 

 
Negli anni '90 però questo magnifico strumento aziendale dovette piegarsi ad altro. S’inchinò al volere dei diritti televisivi, che riversano nelle tasche dei presidenti liquidità spendibile a immediata velocità, al volere di troppi appassionati “vestiti” da dirigente, alle smanie dei "nuovi ricchi", atti a uno scempio di un abbellimento calcistico che non ci appartiene, infine, alle eccessive accondiscendenze verso i tifosi. Da questo e per questo iniziammo ad assistere ai casi Lentini, Vieri, Duff, Shevchenko, Kakà. Giocatori più o meno acquistati per una delle condizioni precedenti.
 
 
Provando a discostarci per un attimo dal resto d’Europa, poniamo la nostra attenzione a una delle due squadre in testa la classifica, l’Udinese, squadra funzionale, veloce, concreta, “cortese”, proprio come la gente friulana. Squadra che ha fatto della programmazione aziendale/sportiva la propria condicio sine qua non. Basti pensare che la squadra del presidente Pozzo, esulando le tre cessioni eccellenti della sessione di mercato estiva appena trascorsa, ha un livello di attività/passività equivalente a zero. Seconda squadra italiana per bontà di bilancio, tra le pochissime in Europa a non avere una situazione reddituale negativa al 2010 in vista del Fair Play Finanziario.
 
Pochi dubbi sulle capacità degli uomini in seno alla società friulana che, vanta circa cento osservatori distribuiti per il globo, quaranta di questi nel solo Sud America e alcuni persino in Australia.
 
La regina del campionato di Serie A, non più di due mesi fa ha ceduto il proprio gioiello Sanchez al Barcellona. Prezzo di vendita: 26 milioni di euro più bonus quinquennali per la società; al posto del "nino maravilla", Gabriel Torje, arrivato per 3,5 milioni di euro dalla Dinamo Bucarest, piedi buoni e una discreta esperienza con la sua nazionale. Non sappiamo ancora l’effettiva differenza in merito le prestazioni di gioco ma senza dubbio la plusvalenza è notevole e la “mancanza” ottimamente coperta.
Analogo discorso in merito la difesa. Il centrale difensivo Zapata, più volte richiesto da squadre italiane, è stato ceduto al Villarreal per 9 milioni di euro; al suo posto è stato impiegato il difensore Danilo, acquistato a gennaio per 2 milioni di euro, bonus inclusi. Al centrocampo il presidente Pozzo, dovrebbe meditare un ingresso ancor più cinematografico per il suo gioiellino, rispetto a quello realizzato da De Laurentis per Inler
Badu, vent’anni, infatti, si candida a vera promessa, nonché sorpresa del campionato italiano. Acquistato a metà 2009, dall’Asante Kotoko assieme al compagno di reparto Mensah (al Granada, società spagnola di proprietà del presidente Pozzo), per 1,5 milioni di euro, dopo un anno a osservare lo svizzero “emigrato” al Napoli, sembra già essersi cucito addosso l’eredità di un ruolo decisivo per le alchimie di Guidolin. Inler ceduto 16 milioni, Badu costato 1 milione di euro.
 
Volendo riassumere, tre cessioni, quattro acquisti; 60 milioni di entrate nelle casse friulane e 7 milioni di spesa. Qualcuno potrebbe iniziare a storcere il naso, altri immaginare destini atroci per l’undici di Guidolin, pronosticando un isolato ultimo posto in classifica. Niente da fare, nessun finale atroce, parliamo pur sempre dell’attuale capolista della Serie A, l’unica, forse in grado di fare della programmazione; vecchia, storica, logorante, utile, funzionale o semplicemente programmazione aziendale.
 
 
Fabio Guzzo