Che il calcio fosse sport senza età, beh, eravamo ultra-consapevoli. E' come un quadro a tinte vivaci. Il nonno che porta il nipotino a tirare quattro calci al pallone nel parco. Il verde dei giardini che fa da sfondo ai due che si dribblano a vicenda - nonostante il cinquantennio di diiferenza d'età - e la gioia di coloro che, alla vista di cotanta passione, godono della loro spensieratezza.
Il nonno, nella fattispecie, è un mito. E' un campione che la storia del calcio l'ha semplicemente scritta, di suo pugno. Oggi ha oltre 70 primavere alle spalle, di cui almeno una ventina ornate di prodezze calcistiche. E si chiama Pelè.
Oggi di lui si parla ancora: e non da ex campione, ma da probabile futuro acquisto d'un club professionistico. Si, avete capito bene.
Perchè pare che, in occasione del prossimo Mondiale per club in Giappone, Luis Alvaro de Oliveira Ribeiro, Presidente del Santos vincitore della Coppa Libertadores, abbia deciso di chiamare in campo addirittura...Pelè. Per solo due partite, per carità, e solo per qualche istante. ma poco cambia.
"Pensate che bello se entrasse e segnasse un rigore", ha detto il Presidente. Che bello? ...Un sogno, aggiungerei io.
Ed un sogno, probabilmente, il tutto rimarrà, considerato che sarà necessario - e soprattutto assai problematico - trovare un medico che conceda a Pelé il nullaosta per il tesseramento.
Ma poco importa. Sogno o meno, realtà o immaginazione, noi lo immaginiamo in campo, anche a 70 anni suonati. A mettere in rete i palloni magari servitigli da Neymar. Un pò come faceva 50 anni fa.
E nipote di Pelè potrebbe anche essere il nuovo baby-fenomeno del calcio mondiale. Si chiama Tomy Angel, ha 62 anni in meno di Pelè, è colombiano, ed ha il calcio nel DNA. E' figlio di Juan Angel, ex cannoniere dell'Aston Villa, ed oggi ariete dei Los Angeles Galaxy.
Papà Juan avrebbe già oggi ricevuto le offerte di decine di club: ma, per il momento, com'è giusto che sia, del piccolo Tomy si sentirà solo parlare per le prodezze regalate ai nostri occhi nei campi amatoriali contro i suoi coetanei.
E' per questo che vi chiediamo, come se fosse un sogno, di chiudere gli occhi. Anzi, no, al contrario: di spalancarli. Perchè ne vale proprio la pena. Ed immaginare, un pò come nel più bello dei quadri che dicevamo prima, il vecchio ed il bambino andare sotto porta, spalla a spalla, fianco a fianco, passandosi vicendevolmente la palla. Entrambi con quella smisurata dose di classe e di godereccia passione pallonara che prescinde da ogni cosa. Soprattutto dall'età. Perchè nella vita, come anche nel mondo del calcio, essa è solo un numero su una carta d'identità.
Alfredo De Vuono