Ieri sera all'Allianz Stadium di Torino la Juventus ha quasi certamente detto addio al sogno di vincere la Champions League con uno 0-3 contro il Real Madrid. Sugli scudi, ovviamente, Cristiano Ronaldo, autore di una doppietta. Un colpo da centravanti vero (nell'azione Barzagli prima se lo perde, poi fa fallo su Benzema), poi una rovesciata che ha sfidato la legge della gravità (dopo grave incertezza di Buffon e Chiellini). Prima della fine il gol di Marcelo che ha più o meno fatto quello che voleva in area. Nel mezzo anche due traverse di Kroos e Kovacic e un  cartellino rosso per Dybala, simulazione e fallo maldestro.

Una sconfitta pesante, spiegata dai più con la prestazione metafisica di CR7, quindi non spiegata. Una chiave di lettura comoda che diventa giustificazione: anche nel calcio si cerca sempre l'interpretazione, anche se parziale e non veritiera, che dimostra che la caduta non è responsabilità di chi la subisce. Non è così. La Juve che ha perso male ieri è frutto di scelte sbagliate negli ultimi anni.

La prima parte da lontano ed è quella della rinuncia alla qualità. Il confronto tra il primo centrocampo della Juventus che arrivò in finale nel 2015 e quello di questa stagione è impietoso. Da una parte ci sono Pirlo, Pogba, Vidal e Marchsio (messo oggi da parte da Allegri), dall'altra Pjanic, Khedira, Matuidi e Bentancur primo cambio. Ma non ci si può limitare al reparto di mezzo, anche perchè l'anno scorso la Juve ci è arrivata in finale. L'anno scorso la Juventus disponeva di non uno, ma due registi difensivi, Bonucci e Dani Alves sostituiti con Benatia e De Sciglio, onesti ricambi per squadre di vertice. Davanti Dybala e Higuain sono una coppia formidabile, ma non quando sono costretti a giocare così indietro per trovare palloni utili.

Questa progressiva aridità tecnica si era vista anche in un'altra squadra di Allegri, il Milan, arrivato a giocarsi lo scudetto con Muntari, Van Bommel e Nocerino. Per quanto bravo a gestire il gruppo e a leggere le partite, questa preferenza della forza fisica alla qualità è colpa sua, oltre che della dirigenza. 

Si arriva così alle colpe di chi gestisce tutta la macchina. Oltre alla mancata iniezione di qualità necessaria soprattutto quest'estate (Douglas Costa è sparito ieri, Bernardeschi non c'era), Marotta e Paratici si sono cullati sulla supremazia in Italia e sulle due finali Champions e soprattutto non stanno riuscendo a dare quel ricambio necessario lì dove serve. La stessa maledizione dei senatori che ha colpito il Milan alla fine del decennio scorso sta colpendo la Juve in difesa. Nei gol c'è una grave responsabilità degli eroi Buffon, Barzagli e Chiellini, soprattutto i primi due, eppure mai vengono messi in discussione in virtù del loro passato. E si è passati dalla migliore difesa d'Europa ad una in grossa difficoltà negli scontri di vertice, senza possibilità di ammetterlo. 

Nonostante queste deficienze in fase di programmazione, questa Juventus per la Serie A basta, avanza e riavanza. Il maggiore avversario, il Napoli, ha una rosa da 14 giocatori e chi potrebbe avere i mezzi (Milan e Inter) per stare ai vertici ha distrutto i remi e adesso fatica ad attraversare la melma. Ma bisogna comunque apportare correzioni se si vuole riprovare a vincere la Champions. Senza nascondersi dietro le rovesciate e dietro le finali passate.