È dai tempi del primo Sarri, quello dell’intermezzo felice tra l’exploit della sua prima stagione e gli ottavi di Champions con il Real, che il Napoli non trova pace con un allenatore. Dopo la sconfitta nella gara di andata a Madrid, qualcosa tra l’uomo “venuto dal basso” e il patron della Filmauro si ruppe definitivamente, dando inizio alla congiura che avrebbe trovato suggello entusiasta nel patto dello spogliatoio per lo scudetto sfiorato nella stagione successiva ed epilogo infelice con l’ammutinamento di cui avrebbe pagato lo scotto il malcapitato Ancelotti, guarda caso, nel secondo anno, come per Benitez, che felice a Napoli lo era stato solo in certe fasi della sua prima stagione. 

A conti fatti, i segmenti di serenità all’ombra del Vesuvio hanno la lunghezza del momento dell’approccio, del tentativo, di un’apparente fase di sviluppo che, irrimediabilmente, ogni volta rivelano il volto sadico della beffa e della delusione. Quella che tocca a chi ci crede, a chi confida che sia la volta buona di vedere un Napoli affidato alla continuità, alla serietà di un lungo percorso, a un’esperienza che non sia soltanto l’ebbrezza malinconica, a tratti disperata, di un istante in cui tentarle tutte per non arrivare quasi mai a niente. Un niente che alimenta i malcontenti di una tifoseria unica reale e legittima destinataria di queste aspettative e che stimola le provocazioni di quella critica del futbol che si manifesta fastidiosa e irritante prima di tutto in casa propria. La stampa difficilmente è amica, pure quando sembra voler esserla.

Le ultima settimane hanno detto di "giornate furibonde, senza atti d’amore", nello sfoggio mediatico delle schermaglie tra il Gattuso furioso e il De Laurentiis Agamennone silenzioso. Non si scomodino l’Orlando di Ariosto e l’Iliade. La questione non è la collera. Magari. La sensazione è che da una parte e dall’altra abbiano scelto il Napoli come campo di battaglia. Ovviamente, nell’abitudine di una parte dei calciatori, che non si sa quanto sia testimone o attrice degli accadimenti. Si sa che il senato a volte assiste altre volte condiziona o decide. Spesso, preferisce la seconda. 

Gattuso lamenta di essere trattato male, di essere deluso (ne avrà le sue ragioni, in merito alla delusione del suo rapporto con la proprietà). Una cosa torna strana. Dopo aver chiesto pubblicamente ai suoi calciatori di non farsi condizionare da critiche e scritture personali di giornalisti, lui stesso manifesta malumori e fastidi rispetto a quelle critiche (sgarbate e di cattivo gusto, è vero), trascurando le sue parole, il suo pensiero del poco prima e un’altra cosa molto importante, ovvero le spine di quell’ambiente mediatik-pallonaro che lui dovrebbe conoscere bene e che a Napoli conoscono meglio di lui rispetto a certi trattamenti speciali, visto che una certa stampa nazionale anche quando il Napoli ha vinto l’ultima Coppa Italia aveva titolato e fatto tributo al successo di Gattuso, prima che a quello del Napoli.

Eppure, qualcosa di esasperato ed esasperante intorno al lavoro del tecnico calabrese ha mosso più critiche del dovuto. Qualche sconfitta di troppo c’è stata, ma il Napoli ha dovuto affrontare troppe partite senza la prima punta e con una posizione fondamentale caduta tutta addosso a Petagna, un calciatore tatticamente poco adeguato alle idee di Gattuso. L’assenza di qualità e di forza là davanti è un aspetto-condanna che non potrà essere trascurato quando saranno fatti i conti a fine stagione. Per adesso, pure le valutazioni sono paradossali. A leggere la classifica, con una partita da recuperare (uno scontro diretto), quella del Napoli potenzialmente non è affatto deprimente. Con i partenopei ancora in corsa in tutte le altre competizioni. 

Dall’altra parte, De Laurentiis persegue a fare De Laurentiis, usando il gioco delle parti quando gli è più conveniente e facendo silenzio laddove gli conviene meno. Suo diritto, diranno in molti. Il problema è che i silenzi e i discorsi sbagliati fanno da rotelle agli ingranaggi destinati a durare poco, per i "passaggi di tempo", restando tra le citazioni di De André, da cui troveranno sempre nuovi sollievi e nuove avventure i professionisti del calcio, ma mai i tifosi, la cui voce, già fisicamente assente per causa di forza maggiore, diventerà sempre più stanca e delusa. Si tenda l’orecchio verso quella, invece di perdersi dietro i sensazionalisti televisivi o gli opinionisti seriali.