Scrivere di Inter nell’immediatezza al fischio finale delle partite sta diventando impresa ardua: dopo certe prestazioni offerte dai calciatori in maglia nerazzurra, ultima quella del Ferraris contro la Sampdoria, è davvero difficile trovare delle parole che esulino dalla stretta cerchia delle imprecazioni e degli insulti. A ciò si aggiunga che, proprio la sconfitta rimediata a Marassi, ha impresso un’accelerazione alla crisi che ha portato al defenestramento di Frank De Boer, il tutto preceduto da una giornata e mezza di voci, rumours, notizie più o meno – soprattutto meno – credibili, rimbalzate da una parte all’altra del globo. Senza alcuna dichiarazione ufficiale da parte della società, almeno fino al comunicato con cui si è reso noto l’addio a De Boer ed il momentaneo incarico a Vecchi, per la gara decisiva contro il Southampton. Poi ci sarà Pioli, oppure Villas Boas, o Reja, Guidolin, Bielsa, Leonardo o chissà chi, anche perché “il campo”, in questo momento, è l’ultima cosa in ordine di importanza in seno alle valutazioni della dirigenza nerazzurra.

Alcune considerazioni sparse in ordine all’esonero di De Boer: la squadra ha offerto una prestazione vergognosa contro la Sampdoria, lanciando un messaggio chiaro alla dirigenza. L’atteggiamento molle e svogliato di gran parte dei calciatori scesi in campo a Genova è stato inequivocabile: come se si trattasse di impiegati che devono timbrare il cartellino per poi mettersi in scrivania ad aspettare che trascorra il tempo, fino al timbro d’uscita. Solo che lo stipendio percepito è leggermente diverso e giocare a pallone è un po’ più divertente rispetto al dover sbrogliare noiosissime pratiche.
Quali possono essere le motivazioni che spingono un gruppo di calciatori ad andare in campo e fare queste figure barbine? Siamo sicuri che una incompatibilità con De Boer, con il suo calcio ed il suo modo di condurre la squadra, possa essere sufficiente per portare in campo spettacoli così indegni?

In ogni caso, De Boer ne esce da signore, pur avendo commesso qualche errore durante questi due mesi sulla panchina dell’Inter. Gli errori attengono alla sfera del professionista, l’essere “uomo” alla persona. Qualcuno, in tutta questa vicenda, difficilmente potrà definirsi tale, nel silenzio della propria coscienza.

Squadra e società si ritrovano, adesso, a dover gestire il pesante fardello di questa situazione che, per buona parte, è stata ingenerata proprio da queste due componenti.
Il gruppo non avrà più l’alibi De Boer, il parafulmine su cui scaricare ogni responsabilità derivante da sconfitte e prestazioni al di sotto del limite del decoro: adesso non si può più sbagliare, in campo.

Ma, come accennato sopra, le questioni “di campo”, in questo momento, non sono fra le prioritarie fra quelle che si stanno valutando per la sostituzione di Frank De Boer. Sì, perché un nome ancora non è stato scelto, come certificato dall’affidamento a Vecchi della prima squadra, intanto nel match di Europa League e poi, magari, anche contro il Crotone, domenica prossima. È lecito, dunque, affermare che è stato fatto fuori l’olandese senza aver trovato un sostituto cui affidare i destini nerazzurri. Non propriamente quella che si può definire una strategia chiara.

Del resto, quella che sta andando in scena in queste giornate, non è altro che l’ennesima puntata della lotta intestina alla società nerazzurra, già rinfocolata nella settimana scorsa, pre e post partita contro il Torino, che vede fronteggiarsi da una lato la parte della dirigenza identificabile in Thohir (ad oggi è presidente, pur non detenendo più la quota di maggioranza) e Bolingbroke, con Zanetti e, sullo sfondo, Massimo Moratti, dall’altro lato della barricata. In mezzo Ausilio e Gardini, con il gruppo Suning (che, nel frattempo, sta mettendo i quattrini) che, per il momento, ha dimostrato di affidarsi, nella gestione della “cosa sportiva”, un po’ ad una componente ed un po’ all’altra, in attesa di capire a quale delle due anime poter affidare il compito di partner societario, senza dimenticare il “fido” Kia Joorabchian.
A conferma di ciò, tutte le voci recenti (e persistenti) di un ritorno di Massimo Moratti in società, con conseguente addio di Thohir: ecco, quindi, la gara ad accaparrarsi il posto accanto al gruppo Suning, senza esclusioni di colpi, perché siamo nei mesi decisivi. Ammesso e non concesso che il colosso cinese non decida di fare a meno dell’una e dell’altra parte, ma questo sarà manifesto soltanto quando si procederà ad una seria riorganizzazione dell’attribuzione delle quote societarie e dei ruoli dirigenziali, cosa che, difficilmente, accadrà prima della fine di questo campionato. Fino ad allora, quindi, vale tutto. Comprese le schermaglie mediatiche e gli sgambetti al “rivale”: tutto pur di apparire migliore dell’altro agli occhi del gruppo Suning.

Ecco che è possibile leggere anche la scelta del prossimo allenatore dell’Inter in chiave “lotta intestina” alla società: nomi come quelli di Leonardo o Bielsa potrebbero essere ricondotti all’asse Zanetti-Moratti, con Thohir colpito dal grave lutto della perdita del padre, in questi giorni, già “reo” d’aver portato De Boer, in questo momento costretto alla difensiva. Leonardo, oggi allenatore, domani dirigente, potrebbe (poteva?) essere una soluzione per inserire nell’organigramma dirigenziale un altro uomo legato alla gestione-Moratti, mentre Bielsa non ha bisogno di ulteriori presentazioni, in questa lettura.

Con un Thohir ai margini delle decisioni, per i motivi sopra spiegati, si fanno spazio altre ipotesi: innanzitutto quella di un allenatore straniero a scelta tra i vari Villas Boas, Hiddink, Marcelino, Blanc ed altro, qualcuno di questi, ovviamente, vicino a Kia Joorabchian. Se l’Inter dovesse affidarsi ad uno dei tecnici appena elencati, sarebbe il segnale che il gruppo Suning ha deciso di scegliere in autonomia, dall’una e dall’altra fazione, magari a braccetto con Kia Joorabchian.

Vi è, poi, una terza e, a quanto pare più probabile, exit strategy dal momento di crisi: affidarsi a un tecnico italiano, Pioli su tutti, ma anche i vari Guidolin, Zenga, Reja potrebbero essere in corsa. Questo starebbe a significare che il gruppo Suning ha deciso di rinviare tutti i discorsi, quantomeno, alla fine della stagione, per poi tirare le somme e stabilire se proseguire con Thohir oppure fare spazio ad un ufficiale ritorno di Massimo Moratti. O magari, visto e considerato il teatrino che sta andando in scena da oltre un anno, oramai, dare il benservito a tutte e due “le correnti”, per affidarsi ad uomini di loro ed esclusiva fiducia. Ipotesi tutt’altro che da scartare, a parere di chi scrive.
Discorso, sostanzialmente, analogo è quello che sarà fatto anche nei confronti del gruppo costituito dai calciatori e che si è reso protagonista di questo avvio di stagione che, molto probabilmente, ha compromesso il buon esito finale della stessa. Ed al gruppo Suning, che ha messo un bel po' di "grano" già quest'anno, perdere tempo e soldi non credo faccia molto piacere, soprattutto se ciò si verifica in virtù dei capricci di alcuni bambinoni un po' (troppo) viziati. A fine stagione, è lecito pensare, che si faranno i conti anche con i calciatori: questa la mia personalissima sensazione.

Da quanto raccontanto, viene fuori l’immagine di una società a più teste, dove ognuno ha la pretesa di decidere, imporre qualcosa, far vedere che è "più forte" dell'altro, spesso tralasciando il merito delle questioni. Lo stesso De Boer, molto probabilmente, altro non è se non l'ennesimo capro espiatorio da sacrificare sull'altare di questa "lotta per la sopravvivenza".
Non è vero che all’Inter non ci sia uno che decida cosa fare o meno, è l’esatto contrario: vi sono troppe teste che pensano di dover decidere. In casi come questi, quando si è costretti a duellare per la primogenitura di un’idea, a mettersi in mostra a scapito dell'altro, in attesa di una investitura ufficiale, è difficile che l’interesse particolare possa coincidere con quello della squadra.
E questo "modus operandi" non può essere ammesso, perché nocivo: è bene che il gruppo Suning lo impari in fretta, questo. Come ha detto più volte, con smisurato orgoglio, Frank De Boer in queste settimane, “nessuno è più importante dell’Inter”. Nessuno.