Un ricordo lontano che nella storia del calcio balcanico non sarà stato dimenticato è quello dei quarti di finale risolti ai rigori tra l’Argentina e l’allora Jugoslavia. Fu nel mondiale italiano del 1990 che le due grandi scuole si misurarono in una sfida che vide gli uomini di Maradona (che nella sequenza dei penalty sbagliò il suo tiro) qualificarsi per il turno successivo. Ma quella era la Jugoslavia prima della divisione. Le nazionali che oggi, in linea con le nuove identità politiche, si rappresentano autonomamente anche sui campi di calcio in quegli anni erano ancora una parte di una grande selezione che, nonostante il livello notevole di qualità, non riuscì mai a conquistare titoli prestigiosi nel massimo torneo mondiale.
L’indipendenza della Repubblica di Croazia è avvenuta nel 1991, dando il là, insieme alla dichiarazione d’indipendenza della Slovenia, alla guerra civile in Jugoslavia. In quell’anno anche il calcio ha vissuto un momento storicamente importante, con il successo in Coppa dei Campioni della Stella Rossa di Belgrado, la Crvena zvezda protagonista di una lunga e drammatica rivalità con la Dinamo Zagabria, soprattutto per ragioni politiche.
La nazionale di calcio croata, che oggi è tra le principali protagoniste del calcio europeo dai Balcani alla Russia, anche considerando il tasso tecnico di molti dei suoi calciatori, probabilmente può essere considerata la squadra che maggiormente raccoglie lo spessore della tradizione della scuola jugoslava. Anche se la Croazia non ha ancora una storia calcistica che può essere comparata con quella delle grandi nazionali, il suo rendimento ha più volte sfiorato successi importanti. Basterebbe ricordare il campionato del mondo in Francia nel 1998, quando la Jugoslavia presentò per l’ultima volta una nazionale di calcio sotto il suo nome. Il terzo posto ottenuto dopo aver impartito lezioni di calcio a compagini come Germania e Olanda, dopo essere stata molto vicina alla qualificazione in finale, ha testimoniato già in quell’edizione il potenziale calcistico della Croazia che già aveva bene impressionato durante il campionato europeo disputato in Inghilterra nel 1996.
Fu in quel mondiale francese che nel girone eliminatorio la nazionale di Suker, grande centravanti del Real Madrid e protagonista di quel mondiale, affrontò l’Argentina, tra le favorite di Francia ’98 e reduce dal tormentato mondiale statunitense in cui i sudamericani avevano dovuto assistere alla squalifica e all’esclusione di Maradona, con conseguente destabilizzazione di tutto l’ambiente in seguito alle polemiche e ai vari sospetti sul provvedimento a danno del calciatore argentino. Fu un goal di Mauricio Pineda (che poi avrebbe giocato nel Napoli la stagione 2000-2001) a decidere la sfida che determinò la prima e la seconda di un girone in cui Giamaica e Giappone fecero da comparse.
In occasione della Coppa del Mondo di Russia 2018, Argentina e Croazia si ritrovano l’una difronte all’altra, ancora una volta nel raggruppamento iniziale (girone D). Stavolta le condizioni e i condizionamenti sembrano diversi. I croati, dopo la vittoria ottenuta sulla Nigeria e complice il pareggio dell’Albiceleste con l’Islanda, comandano il girone. L’Argentina, invece, si trova già a un bivio estremamente rischioso. Una sconfitta potrebbe seriamente complicare il percorso di Messi e compagni. L’asso del Barcellona non ha iniziato bene il suo mondiale. L’errore dal dischetto nella partita con gli islandesi ha riaperto vecchie polemiche, gettando subito nella psicosi di leader mancato il numero dieci argentino.Alcune scelte del selezionatore Jorge Sampaoli non hanno convinto, sin dalle convocazioni. La formazione sudamericana presenta un modulo di gioco che oscilla tra il 3-4-3 e il 3-5-2 (alcuni lo identificano anche in un 2-3-3-2), con Otamendi al centro della difesa e Mascherano punto di riferimento per l’intera fase difensiva. A Messi il compito mai concretizzato di trascinatore e ispiratore offensivo, con Aguero prima punta. Lungo possesso palla e un palleggio caratterizzato da una manovra vagamente avvolgente sono i tratti che per adesso disegnano un tentativo tattico, più che una concreta realizzazione di un’idea di gioco che si è rivelata poco brillante. Un vecchio problema della selección argentina. Con l’Islanda la rotazione dei calciatori offensivi (soprattutto rispetto all’utilizzo di Higuain e di Dyabala) non è apparsa convincente, con Pavon che sembra godere di maggiore considerazione e senza Icardi lasciato addirittura fuori.
Sembra avere le idee più chiare, invece, l’allenatore della Croazia. Dalic si affida a un 4-2-3-1 “moderno”, con Vrsaljko e Strinic fluidificanti e un centrocampo affidato al genio tattico e tecnico di Modric e Rakitic. Perisic agisce da cursore offensivo, in frequente interlocuzione con il terzino che si muove sulla sua fascia di competenza. Mandzukic, nel suo ruolo naturale di prima punta, è il terminale della manovra croata.
Argentina e Croazia potrebbe già avere il sapore di una gara da dentro o fuori, stavolta soprattutto a svantaggio degli argentini. Del resto, considerando qualche precedente, la Croazia con le potenze sudamericane ha qualche conto in sospeso. Pure col campionato del mondo.