La leva calcistica di De Gregori dice “Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”.
Qualcuno avrebbe dovuto cantarla a Martin Palermo, la sera di Argentina - Colombia, Coppa America 1999. Sì, perché in quella partita l’attaccante del Boca Juniors e della nazionale Albiceleste, calcia tre rigori, uno alto, un altro scheggiando la traversa e l’ultimo parato dal portiere. A memoria d’uomo non si ricordano tre massime punizioni sbagliate dallo stesso calciatore in una sola partita ufficiale.

 

Martin Palermo, soprannominato “Titàn”, centravanti di professione, quella notte la ricorderà per tutta la vita. Tre volte dal dischetto, tre volte il penalty si rivela una beffa. Il telecronista argentino commenta con un sudamericano “come si può!”, con il tipico grido argentino di esultanza strozzato in gola, con le parole del folklore latino cadute dalla tasche come monetine. Intanto, Martin Palermo, dopo il terzo rigore sbagliato, si volta verso il centrocampo come a voler cercare qualcosa, magari nella speranza di scovare qualcuno che lo rassicuri, che gli dica che è ancora un calciatore, che è ancora la prima punta della nazionale argentina. Martin Palermo, col nome che pare una via di mezzo tra quello di un gangster emigrato in America e un pugile dei mediomassimi, si è avvicinato tre volte al dischetto per tornarsene tutte e tre volte col muso lungo e i fischi della torcida sudamericana.

 

Il suo sinistro ha fatto cilecca, con quelle tre conclusioni che una dopo l’altra sapevano più di disperazione che di fredda trasformazione. L’accanimento è una terapia invisa al pallone. Il calcio non lava l’imbarazzo con altro imbarazzo. È sempre meglio che il reo non torni sul luogo del delitto. Eppure, con tanta tenera e generosa faccia tosta, Martin ci è tornato altre due volte.

 

I giornali e i servizi di tutto il mondo giocano a sorridere sull’episodio e a sbeffeggiare la magra figura di Martin Palermo.
Lui, detto pure “El loco”, che porta il nome del Santo Patrono argentino, il glorioso San Martin, il giorno successivo a quella partita, si vede costretto a sopportare il fresco ricordo delle gambe che hanno tremato e non l’hanno dato a vedere. Il puntero dell’Albiceleste legge con amarezza i titoli e gli sberleffi. “Provaci ancora, Martin”, “Record di Martin”. Ma lui sa bene che è uno dei rischi del mestiere, cadere nella figuraccia pure quando si vuole con generosità correre a dei ripari che sarebbe meglio lasciarsi alle spalle insieme all’errore, senza ostinarsi a riparare l’irreparabile. L’ostinatezza non sempre paga, e la disputa dura troppo poco per concedere più di un’occasione. Tre, poi, sono davvero una rarità.

 

Per la cronaca, quella partita se l’aggiudica per 3 a 0 la Colombia. A confortare Martin, un errore dal dischetto pure per i colombiani. Serata da dimenticare, e alla svelta, per il biondo attaccante argentino.
Ma il Titàn non è solo tre rigori sbagliati in una partita. Martin Palermo è stato il centravanti più prolifico della storia del Boca Juniors. 236 reti con la maglia che è ha indossato anche Maradona. Nessuno, tra gli attaccanti, ha fatto meglio di Palermo nella Bombonera.

 

“El loco” ha vinto 6 Campionati argentini, 2 Coppe Libertadores, 2 Coppe sudamericane e una Coppa intercontinentale, in finale con il Real Madrid, vinta dal Boca per 2 a 1. Doppietta di Martin Palermo. Quando ha deciso di lasciare il calcio, i tifosi argentini non volevano che lui si fermasse.

 

La canzone di De Gregori avvisa pure che “un giocatore lo riconosci dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”. Coraggio, sì, il Titàn  Martin  ha avuto coraggio, e per questo ha dovuto assaggiare quel tanto di ridicolo che arriva prima della grandezza. E nel calcio, si sa, ridicolo e grandezza se ne stanno spesso uno accanto all’altra.
 

Elio Goka