di Antonio Cristiano

 

È ancora calda la rabbia per la finale di Coppa dei Campioni persa contro il Marsiglia di Tapin (coppa revocata pochi mesi dopo per lo scandalo corruzione francese). È ancora calda, come calda è sempre stata la testa di Ruud Gullit. L'olandese non ne può più del Milan, s'intende poco con Capello e il rapporto con Berlusconi è ai minimi storici. Allora sbatte la porta e se ne va. “Io al Milan non ci torno”, dice. E aspetta. Perché ha ancora trent'anni ed è pur sempre Ruud Gullit, e quindi Galliani vuole ottenere il massimo dalla sua cessione. Non un assegno importante, ma almeno un'idea per il futuro. Si fa avanti il Torino, poi la Sampdoria di Eriksson: Roberto Mancini lo chiede personalmente al presidente Mantovani, che lancia il dado: un miliardo per il cartellino (con un'opzione futura per Attilio Lombardo) e un miliardo a mezzo all'anno al calciatore (a cui si aggiungono 700 milioni pagati dalla Lotto). Per convincere l'olandese ci vuole poco: bastano le parole degli amici Vialli e Cerezo: “vai, è il paradiso”. Il 14 luglio 1993 Ruud Gullit diventa un calciatore della Sampdoria.

 

“Volevo un ambiente meno oppressivo”, dice Gullit. “sono sicuro che i tifosi mi hanno capito”. E quando gli chiedono della scelta di firmare un contratto annuale: “è meglio conoscersi meglio, almeno all'inizio. Poi a fine anno lo allungheremo”. Va a vivere a Nervi, comincia a lavorare con una delle migliori Sampdoria di sempre: c'era Jugovic, c'era Lombardo, c'era Evani (pure lui appena arrivato dal Milan), c'era Pagliuca in porta, c'erano lo zar Vierchowod, la voglia di riscatto di Platt e i piedi di zucchero di Mancini. E poi c'era lui, Gullit. Che appena arriva parla con Eriksson del suo ruolo: lo svedese pensa di arretrarlo, di fargli fare il libero. Dopo poche giornate dall'inizio del campionato, però, Gullit avanza e gioca con Platt e Mancini in uno dei migliori attacchi della Serie A.

 

La Samp va fortissimo: vince quattro delle prime cinque di campionato, si arrende solo alla Juventus. Poi arriva il 31 ottobre: a Marassi c'è il Milan. È la sfida più attesa da Gullit, che sogna lo scherzetto alla sua ex squadra. Ma per la Samp comincia male: segnano prima Albertini e poi Brian Laudrup (all'unico gol nella sua esperienza in rossonero), e il primo tempo si chiude sullo 0-2. Ma nella ripresa c'è un'altra Doria: segna prima Katanec, per servito da Gullit; poi Mancini su rigore fa 2-2. E infine, manco a dirlo, Gullit segna un gol favoloso, di destro, a incrociare, un tiro potentissimo su cui Rossi non può nulla. E in barba alla fastidiosa etica calcistica che vorrebbe la non esultanza, l'olandese esplode insieme alla gradinata Sud. Boskov lo battezza: “è come cervo che esce di foresta”. Finisce 3-2, la Samp assaggia il primo posto in classifica in coabitazione con la Juventus.

 

 

Ma non durerà tanto: la squadra di Eriksson perde terreno già nel girone d'andata e chiude il campionato al terzo posto, sei punti dietro al Milan campione e a tre punti dalla Juventus. Per Gullit è la migliore stagione in Serie A, con 15 gol segnati. A fine anno arriva anche il trofeo: la Coppa Italia, la quarta della storia della Samp, vinta battendo in finale per 6-1 la Cenerentola Ancona, che gioca in Serie B. Dopo un'annata del genere, il rinnovo dovrebbe essere solo una formalità. E invece arriva il colpo di scena: Berlusconi dissotterra l'ascia di guerra: “Ruud, dimentichiamo tutto: torna a casa”. Gullit non ci pensa un attimo, lascia la casa di Nervi e torna a Milano. Il primo appuntamento importante della stagione, manco a dirlo, è contro la Sampdoria: ci si gioca la Supercoppa Italiana. Segna Mihajlovic, poi a una decina di minuti dalla fine segna proprio Gullit. E stavolta, no: non esulta. La Supercoppa la vince il Milan ai rigori, e per Ruud sembra aprirsi una nuova età d'oro in rossonero. Ma durerà solo pochi mesi: viene fischiato nella partita contro la Juventus, chiede a Galliani di andare via, senza specificare dove. Alla fine si ritrova alla Samp, con Melli che fa il passaggio inverso. L'altra soluzione sarebbe stato uno scambio cittadino: Gullit all'Inter, Bergkamp al Milan. Invece si concretizza il ritorno, nonostante sia Gullit che Melli abbiano già giocato nelle Coppe Europee e quindi, rispettivamente, non potranno scendere in campo in Coppa delle Coppe e in Champions League. Le reazioni? Nel Milan lo spogliatoio è diviso: se Albertini è stupito e Simone amareggiato, le risposte dei “vecchi” all'addio dell'olandese suonano come un semplicissimo “sticazzi”. La Samp lo accoglie quasi con freddezza, i tifosi sono più tristi per l'addio di Melli che felici per il ritorno di Gullit. Sul piano personale è una buona annata, visto che Gullit continua a segnare e a fine campionato sarà capocannoniere della squadra con 9 gol (al pari di Mancini). È proprio la Samp, però, che è alla fine di un ciclo: finisce ottava in Serie A, cade nella semifinale di Coppa delle Coppe, esce al terzo turno di Coppa Italia. A fine stagione, Gullit è in scadenza e va via dalla Samp. E, stavolta, pure dall'Italia. Direzione Londra. Direzione Chelsea.