Nicolò Fagioli vuole tornare ad essere protagonista in campo dopo la lunga squalifica per scommesse. Il centrocampista della Juventus ha parlato proprio di questo brutto periodo ai microfoni della Gazzetta dello Sport. Ecco le sue dichiarazioni: 

Juventus: le parole di Fagioli

"Quando sono scoppiato a piangere, nella partita con il Sassuolo, non era solo per aver messo in difficoltà la mia squadra, ma perché in quel momento è scesa una cappa nera, tutto mi sembrava negativo, tutto scuro. Avevo sbagliato un pallone, ma il mio errore più grave era dentro di me. Il problema è che non ero più padrone di me stesso. Il gioco mi aveva divorato la vita, era diventato un assillo, un incubo.

Fagioli e l'incubo scommesse

Mi sentivo soffocare ma non trovavo il modo di venirne fuori. Scommettevo, tanto, ma non sulla mia squadra o su di me. Non volevo violare dei principi ai quali credo. La noia mi ha rovinato la vita. E poi ogni problema, anche il più stupido come un litigio o una partita sbagliata, dovevo compensarlo con le scariche di adrenalina che mi dava il gioco. Ogni volta che usavo quel maledetto cellulare, ogni giorno e tante volte al giorno, mi sentivo come se fossi in campo. Non ne ho mai parlato con nessuno perché mi vergognavo".

Gli errori di Fagioli

Ho perso completamente il controllo di me stesso nel gennaio 2023. Giocavo male, mi allenavo peggio. Il tornado, che mi ha sbattuto con le spalle al muro, mi ha costretto a diventare adulto o comunque più responsabile. Ho iniziato una terapia psicologica con il professor Jarre. Sto guardandomi dentro per cercare le ragioni, per capire perché non avessi antidoti al vuoto e alla noia. Mi è dispiaciuto che certi giornali abbiano descritto me e Tonali come due demoni. Io ho fatto ma- le solo a me stesso. Non ho truccato partite, non ho condizionato risultati. La società ed i compagni mi hanno mostrato grande fiducia."

Fagioli sulla convocazione di Spalletti

«Ci speravo molto. Ora voglio  dare la vita per essere nella lista per l’Europeo. Se non dovessi riuscirci, tiferò per gli azzurri. Ho cominciato a giocare a quattro anni, a sedici sono andato via di casa perché la Juve mi ha chiamato. Ho lasciato i miei genitori che mi hanno sempre seguito senza mettermi pressioni. Mamma è impiegata, papà distribuisce medicinali e sono stati molto preoccupati per me. Ora li immagino felici e  vorrei fossero orgogliosi di me con la maglia azzurra».

Fagioli e l'aiuto della Juventus

«Sì, in primo luogo mi ha aiutato la società: rinnovandomi il contratto mi ha dimostrato grande fiducia e vicinanza. Poi  mister Allegri e i  compagni. Penso a Locatelli, Gatti, Chiesa, Bremer, Vlahovic.  Per il resto, con l’aiuto dello psicologo, ho combattuto. Per evitare la tentazione di sporgermi dalla balaustra sul vuoto,  ho riempito le giornate dopo gli allenamenti: tennis, padel,  sedute di analisi,  incontri con le scuole. Per anni ho tenuto questo segreto di fango solo per me, ora posso parlarne, come faccio con lei per la prima volta».