Ismael Bennacer, centrocampista del Milan, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Sportweek. Queste le sue dichiarazioni.

Milan, queste le parole di Bennacer


 "Sono fatto di mio in una certa maniera, da bambino mi piaceva prendere rischi, ero un kamikaze. Il calcio ha contribuito nel farmi guadagnare sempre maggiore fiducia in me stesso. Però nel privato resto una persona discreta, riservata".

Sulla lingua italiana

"La lingua? L’ho imparata nello spogliatoio, per strada… Ho fatto una lezione, una sola, quando ero a Empoli. Faccio ancora un po’ di fatica solo quando devo usare i tempi dei verbi al passato o al futuro".

Sull'Arsenal

 "Perché lì non ha funzionato? Arrivo in Inghilterra a luglio. I primi due mesi resto in albergo perché non volevo andare a vivere in una famiglia che non conoscevo. Avevo 17 anni, non ero maggiorenne e non potevo vivere da solo, così mia sorella venne a stare con me. Poi mi raggiunse Chaines, con cui ero fidanzato dai tempi della scuola e che in Inghilterra sarebbe diventata mia moglie. A settembre, finalmente, vedevo il campo per la prima volta.

In Coppa di Lega, contro lo Sheffield: si fece male Chamberlain, Walcott entrò al suo posto e dopo due minuti si fece male pure lui, così Wenger mi buttò dentro. Il problema è che mi mise largo a sinistra nei tre davanti: è un ruolo che non avevo mai fatto. Sentii addosso una pressione pazzesca. Persi pochi palloni, ma ne presi pure di meno. Dopo di allora non ho più giocato, però non ho rimpianti: mi sono allenato con giocatori importanti come Özil e Cazorla.

Sull'Algeria

"Non l'ho scelta per mia mamma, ma è stato per motivi calcistici. Rispetto al Marocco, il progetto sportivo dell’Algeria mi ha convinto di più".

Sull'Empoli

"Dall’Arsenal all’Empoli fu un bel salto all’indietro? Con gli inglesi avevo ancora quattro anni di contratto, ma io vado dove mi vogliono davvero. Non conoscevo Empoli, ma ho accettato di scendere dalla Premier alla Serie B italiana perché quello è stato il club che mi ha voluto più di tutti. Allo stesso modo ho fatto col Milan: l’ho scelto per la sua storia, ma più ancora perché il suo progetto era il migliore per me"

Su Ronaldo e Messi

"Non ho colleghi da idolatrare. Li ammiro, ma se incrocio Cristiano Ronaldo o Messi non vado in processione a rendergli omaggio. Non per presunzione, ma perché, al contrario, la mia religione mi chiede di essere umile e discreto. E insegna che anche Ronaldo e Messi sono uomini come gli altri. Quando con l’Empoli giocai per la prima volta contro lo juventino, a fine partita molti miei compagni andarono a chiedergli un selfie. Io no".

Sui cartellini

"Mamma mia, quanti ne prendo… Questo è un aspetto da migliorare del mio gioco. Sono, come si dice, irruento. Troppo aggressivo. Certe ammonizioni le ho prese davvero per niente".

Sul Milan

"No, è che sento l’importanza di questa maglia, a San Siro i tifosi spingono e tu vuoi aiutare di più la squadra, sempre di più. Voglio dare tutto, e quando vuoi dare tutto finisci che non pensi. Invece un calciatore deve sempre pensare, prima di fare".

Bennacer (Getty Images)