Il bivio che poteva portarlo alla Juventus, poi il Milan, quel rapporto complicato con l'Inter, i temi della militanza azzurra e degli obiettivi personali: Mario Balotelli ha parlato con Fedez a Il Muschio Selvaggio e le parole dell'attaccante come al solito non sono banali.
Balotelli sulla Juventus, sull'Italia e sul futuro
"Ero al Manchester City e Raiola parlò con Marotta. Incontrai Conte e Nedved, il tecnico mi spiegò come mi avrebbe fatto giocare. Sembrava fatta, così Raiola chiamò Galliani per dirgli che avrei firmato con i bianconeri. Adriano stoppò tutto e mi portò al Milan: in rossonero ho trovato una vera e propria famiglia. Raiola mi ripeteva sempre la stessa frase: se Messi e Ronaldo hanno così tanti Palloni d'oro, la colpa è tua. Aveva ragione, ho giocato troppo spesso al 20%...La Nazionale? Quando indossi la maglia azzurra, provi un'emozione incredibile. Con Mancini c'è sempre stato feeling, non è vero che abbiamo litigato ai tempi del Manchester City. Mi sento ancora un calciatore da Nazionale. Ritiro? Credo di poter fare almeno altri quattro anni a un buon livello. Invecchiare non è bello, però punto a dare il massimo da qui alla fine. Quando smetterò, sarò contento del percorso che ho fatto. Potevo raccogliere qualcosa in più, però ho comunque vinto tutto".
Balotelli e l'autocritica
"Errori? Ne ho fatti un po', ma non troppi. Però, a differenza di tanti colleghi, io ho sempre ammesso le mie colpe. Da bambino avevo un carattere particolare. A 4 anni sono stato affidato alla famiglia Balotelli, non capivo cosa stesse succedendo e, probabilmente, non ero un tipo facile da gestire. Con il passare del tempo ho capito che i miei genitori avevano cercato di regalarmi un futuro migliore, li ringrazio per questo. I Balotelli, a loro volta, hanno sempre spinto perché mi impegnassi a scuola. Effettivamente, se avessi pensato soltanto al calcio, forse mi sarei bruciato…".
Balotelli: "Amo ancora l'Inter"
"L'Inter l'ho amata tantissimo, la amo ancora. Sono grato ai nerazzurri, soprattutto a Moratti. Nel mio cuore sono milanista, però all'Inter ho trovato davvero un gruppo stupendo e tifosi straordinari. La maglia gettata a terra, dopo la semifinale contro il Barcellona, ha rovinato tutto: io ho sbagliato, ma avevo 19 anni. Non capivo come mai tutto lo stadio potesse fischiarmi per un paio di palloni persi: tornai a casa piangendo. Materazzi era il mio angelo custode. Dopo quel gesto venne a sgridarmi, però voleva soltanto proteggermi. Mou? Non è un tipo semplice, proprio come me. Prima di una trasferta a Catania, litigammo sul pullman che ci portava in aeroporto. Mi fece scendere e tornai a casa in auto…".