Giuseppe Rossi si è raccontato ai microfoni di Cronache di Spogliatoio, rilasciando una bella intervista. Ecco alcune delle sue dichiarazioni, qui l'intervista integrale.
Su questa stagione senza squadra
"In questo anno senza squadra ho fatto sacrifici, mi sono allenato, ho cercato di sentirmi calciatore: sapevo che alla fine sarei arrivato. Non avevo dubbi, sapevo che avrei trovato squadra. Il periodo che stiamo vivendo è molto più difficile: non ho il controllo di niente, non posso fare ciò che amo di più, o visitare la famiglia. Io mi trovo in Utah, loro in New Jersey. Ogni minuto del giorno è una sfida per controllare i pensieri negativi".
Sul sogno Manchester United
"Non pensavo al posto in cui sarei andato, bensì al prestigio di essere allenato da Ferguson. Di giocare con calciatori come Ronaldo, Giggs, van Nistelrooy. Pensavo a quanto sarei potuto crescere come calciatore in una squadra che ha sempre dato tanto valore ai giovani: il Manchester United li inserisce al momento giusto. Il primo giorno andai da Ferguson per firmare il contratto. Me lo trovai davanti e rimasi a bocca aperta. Avevo un tale personaggio davanti a me. Appena entrato, la prima persona che incontrai fu Ryan Giggs. Cioè, Ryan Giggs, stiamo parlando di un calciatore che amava anche mio padre. Fu uno schock vederlo alla reception che ci salutava".
Ronaldo? Cristiano aveva sempre voglia di migliorarsi. Voleva costantemente essere il migliore: si comportava per essere tale, sia in campo che fuori. In palestra, in ogni sfida, voleva sempre essere il numero uno. Ho un forte legame con Piqué. Gerard è arrivato il giorno dopo di me allo United, siamo cresciuti insieme a Manchester trascorrendo tanto tempo insieme tra cene, uscite e partite con le riserve. Quando saliva lui in Prima Squadra, andavo anche io. Abbiamo condiviso il percorso. Ronie lo conosco meno, lui era già tra i grandi perché aveva qualche anno in più. Pique? Con Gerard ci siamo aiutati a vicenda, andavamo a scuola insieme. Lui era uno dei primi che aveva avuto il permesso per andare a vivere da solo, gli altri vivevano con altre famiglie. Io avevo mio padre, Piqué era da solo e cenavamo da lui».
Sul Villareal
"Il passaggio al Villarreal è stato molto importante per me, Pellegrini mi ha dato fiducia fin dal primo momento. Era quello che volevo, cercavo una piazza con questa opportunità. Siamo arrivati secondi alla prima stagione, è stata la tappa più importante della mia carriera. Avevamo uno squadrone, vi giuro: giocatori di grande livello, potevamo vincere una Copa del Rey. Di campionato non se ne poteva parlare, ma avere più fortuna nei sorteggi e nelle partite sì: una volta il Barcellona schierò alcune seconde linee e non riuscimmo ad approfittarne.
L’ultima con il Villarreal fu una stagione straordinaria: dopo Messi e Ronaldo, in Spagna c’ero io. Mi chiamò il Barcellona, era già tutto fatto: il contratto era stabilito. Mancava soltanto l’accordo tra le società sul pagamento: il Villarreal voleva una parte fissa maggiore rispetto al bonus, il Barcellona al contrario. Appena il Barcellona lo seppe, cambiò obiettivi e non andai lì. Non avevo parlato con nessuno di loro, neanche con Piqué: in quel periodo non sentii nessuno a livello personale tra i giocatori. Quando ti arriva un’offerta del genere non ci pensi due volte: era in quel momento la squadra probabilmente più forte del calcio. Davvero un peccato, ma non ho nessun rimpianto. Il Villarreal mi aveva capito e io avevo fatto di tutto. Quando arrivò Conte alla Juventus ero vicinissimo, la trattativa ci fu. Avevamo venduto Santi Cazorla e la dirigenza mi disse: ‘Giuseppe, abbiamo già ceduto lui e non possiamo lasciar andare via anche te’».
Sul passaggio alla Fiorentina
"Avevamo grandi giocatori: Mario (Gomez, ndr), Pizarro, Borja, Gonzalo, Cuadrado, Savic, Joaquin, Aquilani. Dovevamo dimostrarlo in campo: a dicembre eravamo secondi, eravamo lì. Tra di noi non parlavamo di Scudetto, ma se fossimo stati tutti sani, se io non mi fossi infortunato e Mario fosse tornato dall’infortunio, potevamo dire la nostra durante quel campionato. Purtroppo è arrivato ciò che è arrivato, spezzandoci le gambe. Siamo arrivati quarti, al giorno d’oggi sarebbe stata Champions League".
Sulla partita contro la Juventus
"La sensazione di quella partita non posso dimenticarla. Prima della partita tutti parlavamo della rivalità con la Juventus: la percepivo, ma non la comprendevo. Durante il viaggio dall’albergo allo stadio capii però subito cosa significasse: mi lessi la storia, le motivazioni alla base di quella rivalità. In quel viaggio mi sono detto: ‘Questa partita qui è veramente una delle più importanti dell’anno’. In quel primo tempo partimmo con il piede sbagliato, quando fai qualche errore contro una squadra del genere li paghi.
Montella ci disse due parole all’intervallo, davvero due. Metabolizzammo che dovevamo sputare sangue. Uscimmo dagli spogliatoi con la voglia di cercare il primo gol: rigore. Da lì, ti dico la verità, non ricordo niente. Ero in un momento di estasi. Dopo il mio secondo arrivò il terzo, di Joaquin. Non avevo più energie, poi trovammo il quarto. Tutto così veloce, tutto in un momento. Mi vengono i brividi quando riguardo i video".