In pubblico, i toni sono moderati e concilianti. Ma l’irritazione è profonda. I club dei serie A, infatti, non riescono a capacitarsi del muro eretto dal Governo per la riapertura degli stadi. Evidentemente, è una conseguenza delle valutazioni del Cts, ma nemmeno le ultime parole del premier Conte sono state gradite: «La trovo del tutto inopportuna, gli assembramenti sarebbero inevitabili». In Lega, la sensazione è che si sia trattato di un giudizio sommario e che, soprattutto, metta nuovamente il calcio in fondo alle priorità del Paese.

Riapertura stadi, intervista a Spadafora

Vincenzo Spadafora, ministro dello Sport, ha parlato a "Radio Punto Nuovo" del tema relativo alla riapertura degli stadi. Queste le sue dichiarazioni:

"Il mio auspicio, come ministro, è che i tifosi possano tornare allo stadio, a tutti interessa. Siamo stati rigorosi quando ce n'è stato bisogno ed è per questo che adesso possiamo riprendere a giocare regolarmente. Parlare di date per la riapertura al pubblico degli stadi sarebbe sbagliato. Dobbiamo vedere cosa accade tra un paio di settimane, soprattutto quali saranno i dati dei contagi dopo la riapertura delle scuole. Soltanto dopo questo passaggio potremo aprire una riflessione seria. Vediamo cosa succede con le scuole e poi parleremo con il CTS e la Lega Serie A. Il mio obiettivo non è solo riaprire gli impianti nel calcio, ma anche tutte le altre strutture dello sport".

Serie A, riapertura stadi: le ultime

Il tutto nonostante la Serie A abbia prodotto un documento di 400 pagine in cui viene spiegato nel dettaglio come affrontare la riapertura degli impianti, garantendo adeguati livelli di sicurezza e considerando tutte le fasi dell’evento partita, a cominciare dall’ingresso per arrivare al deflusso, passando per il periodo di permanenza all’interno. Nel documento sono stati analizzati 17 stadi e per ognuno è stata quantificata una specifica capienza ridotta, in base alle strutture esistenti: ad esempio, la distanza tra i seggiolini. La Lega chiede anche altro alle autorità, ad esempio una revisione del protocollo sanitario, per ragioni di gestione ed economiche. «I calciatori fanno ancora un tampone ogni 4 giorni ha ricordato Dal Pino -. Ora che passa una settimana tra una partita e l’altra, abbiamo chiesto di allungare l’intervallo a 8-9 giorni».