Alberto Gilardino, ex allenatore del Genoa, ha rilasciato una lunga intervista ai taccuini de La Gazzetta dello Sport di cui vi proponiamo uno stralcio.

Intervista a Gilardino

Di seguito le sue dichiarazioni:

"Ho avuto modo e tempo di metabolizzare e di dedicarmi nel primo mese a mia moglie e le mie tre figlie. Il lavoro di allenatore ti preclude tanto nella vita privata. Gli ultimi due anni e mezzo sono stati una continua full immersion. Andavo al campo alle 7 di mattina o lo lasciavo alle 20 di sera: con il mio staff abbiamo dato tutto, lavorando minuziosamente su ogni particolare per tirare fuori il meglio dalla squadra. Durante una stagione i tecnici ogni tanto diventano un po' orsi, l'umore della settimana cambia in base ai risultati: gioie e delusioni, tensioni e problemi... E' una professione bellissima, ma totalizzante che richiede passione e dedizione quasi assolute: anche per questo la famiglia era rimasta in Toscana e la vedevo solo dopo le partite. Adesso mi sono un po' riappropriato del mio privato".

Su una esperienza all'estero

"Non necessariamente, a dire la verità preferirei dare continuità alla mia esperienza in A adesso. L'inglese ti apre le porte di tutti i campionati, ma serve anche in Italia vista la quantità di stranieri in ogni squadra. Riuscire a comunicare, dare consigli, farsi capire bene, aumenta l'empatia e consente di far rendere al meglio i giocatori. Un tempo andare a giocare o ad allenare in un altro Paese era considerato una avventura da pionieri, oggi invece è normale e se arrivasse una proposta interessante la valuterei con attenzione".

Su Balotelli

"La scelta di prendere Balotelli era una sfida per entrambi e avrei provato a vincerla. Nell'ultima fase della mia carriera da giocatore ho ricevuto tante porte chiuse in faccia. So che rabbia e voglia di rivincita possano esserci in un atleta che sente di avere ancora qualcosa da dare. Avevo percepito questo in Mario. Gli auguro di riuscire a dimostrarlo".