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Diego Simeone, tecnico dell'Atletico Madrid, ha parlato nel corso di un’intervistaESPN dopo il successo nella Liga spagnola. Queste le parole del tecnico argentino che ha costruito il modello Atletico.

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Intervista a Simeone sull'Atletico Madrid

Atletico? «Ricordo quando sono arrivato, nel 2011, le mie parole: voglio che le persone si sentano identificate nella storia di questo club. Sempre feroce, contro-attaccante, lascia che prevalga il lavoro collettivo. All’addio al Calderón ho dovuto parlare e la gente non sapeva se fossi rimasto o me ne sarei andato. Ho detto che sarei rimasto e ho detto perché, perché ho capito che c’era un futuro. C’è una grande gestione basata sui risultati e ci dà sempre la possibilità di essere migliori. Prima eravamo campioni ogni 25 anni, poi siamo scesi a 18 e ora siamo già a sette. Ci rende felici, c’è molto lavoro dietro di me, gente che non esce, che lavora ogni giorno lottando e cercando».

Intervista a Simeone sul Real e Barca

 

Barcellona e Real Madrid? «Voglio dire alla gente perché si dice sempre che è più difficile essere campioni con l’Atletico. In Argentina ci sono River e Boca che vincono sempre e Racing di tanto in tanto. In Francia normalmente il campione è il PSG, quest’anno è il Lille. Il Bayern vince in Germania. L’Inghilterra è la più equilibrata di tutte. Ma Madrid e Barça sono in vetta alla Liga ogni anno e per batterli devi farlo molto bene, ma molto bene, perché ce ne sono due ogni anno. Sai quanti giocatori abbiamo da sette anni ad oggi che siamo diventati di nuovo campioni? Uno. Quando l’anno scorso c’è stata una transizione perché i calciatori la cui eredità ha cominciato a plasmare quello che è oggi il club, quell’eredità era già lì, il Gabi, Godín, Costa…».

Simeone su Luis Suarez

Luis Suarez? «Immagina una stella che lascia la squadra, uscirà sempre arrabbiato, o con lui perché pensa di poter fare di più, o con me perché non capisce il cambiamento. Gli parlo molto e gli dico che le scelte sono tremendamente decisive. Gli analisti scriveranno in base a ciò che accade alla fine del gioco, dobbiamo farlo mentre accade il gioco, senza conoscere la fine. Quando la squadra stava vincendo, hanno capito che, con João Félix, Correa e altri ancora con Costa, c’erano altri giocatori a correre nello spazio. Ne abbiamo parlato e ho incontrato un uomo».