Luka Modric in campo è un inno alla semplicità e al talento. Il suo libro, da qualche giorno disponibile anche in italiano, ha raccontato la sua difficile storia da ragazzino e svelato anche qualche retroscena di mercato che riguarda alcuni club di Serie A. Per approfondire i passaggi più interessanti, il centrocampista del Real Madrid è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport. Ecco le sue dichiarazioni:

La famiglia Modric in quegli anni si trasferì a Zara. Che si può raccontare ai ragazzi di oggi di Domagoj Basic e degli anni vissuti in un albergo, da rifugiato?

«A 7-8 anni si vivono i traumi in modo diverso. Da bambino la paura non è... tanto paurosa. Io vivevo all’hotel Kolovare con la famiglia e lì c’erano molti miei coetanei: giocavamo a pallone o a nascondino nel parcheggio dell’hotel, finché non si sentivano le sirene per le bombe. In quel momento, sapevi che cosa fare: correre al rifugio. Lì, al sicuro, tornavamo a giocare».

E Basic?

«Basic è stato il mio allenatore preferito. Durante l’adolescenza, era il nostro faro. Chi voleva restare in squadra doveva leggere libri e raccontarli. Domagoj ci insegnava a lavorare duro. A volte faceva apposta male a qualcuno per osservare le nostre reazioni: ci insegnava ad affrontare le ingiustizie».

In quegli anni il piccolo Luka Modric era milanista. In Italia si è parlato molto della possibile firma con Milan o l’Inter. Quanto è stata vicina?

«Boban era un mio idolo e papà, quando ero piccolo, mi comprò una tuta rossonera. Mi immaginavo calciatore del Milan ma è andata diversamente... e quando arrivi al Real è difficile pensare di andare altrove. Se a Madrid le cose non fossero andate bene, mi sarei certamente visto bene in Serie A. Ma onestamente, la priorità è sempre stata Madrid».

Che uomo è diventato quel bambino?

«Mi sento una persona normale, che ama umiltà e modestia. Sono persistente, testardo. I compagni nel Real mi chiamano “vinagre”, “aceto”, perché quando perdo in allenamento me la prendo».

E l’Italia, è ancora un riferimento?

«Vi guardo e sono dispiaciuto per il Milan. Il vero Milan manca all’Italia e all’Europa. Ho un gruppo WhatsApp con i croati e mi sento sempre con Brozovic, con Badelj, con Pasalic che è formidabile e finalmente ha trovato il club giusto».

Calciatori preferiti?

«Mi sono sempre piaciuti i giocatori di stile. Totti, Del Piero, Pirlo. Ora ci sono giovani che promettono molto, su tutti Zaniolo, talento puro. Anche Sensi è molto interessante, poi mi piacciono Insigne, il Papu Gomez, Ribery e Bennacer».

In Italia si è discusso della definizione data nel libro (“il fallo era evidente”) sul penalty di Real-Juve, quello del “bidone dell’immondizia”. A parti invertite, avrebbe protestato?

«Io ho solo detto che per me il rigore c’era. Lucas Vazquez è stato spinto quando stava calciando da pochi passi. Che senso avrebbe avuto simulare? Poi ho vissuto situazioni simili e capisco chi protesta, ma non dovrebbero esserci differenze tra un rigore al 30’ e al 95’. A Buffon, comunque, auguro tutto il bene: è un grande».

E a Ronaldo? In “A modo mio“ per lui ci sono complimenti ma anche critiche, per non essersi presentato ai The Best Fifa Awards 2018.

«Parlare del giocatore mi sembra banale: è tra i più grandi di sempre. Al Real ci è mancato per i gol e il carattere: Cristiano vuole sempre vincere, ci motivava e ci faceva reagire. Come persona poi è da 10 e lode, ha un cuore grande, è sempre pronto ad aiutare chi ha bisogno».

Adesso, futuro. Chi vincerà Champions e Serie A?

«In Champions vedo bene il Psg, anche se non giocherà fino ad agosto, poi facile dire Barcellona e Bayern. Occhio all’Atletico Madrid... e naturalmente tra i favoriti ci sarà chi passa tra il City e noi del Real. Per la A, la Juve è favorita, anche se per la competizione forse sarebbe bene che vincesse la Lazio o l’Inter...».