Ancora tre giorni, poi l'esperienza di Walter Zenga, dopo solo una manciata di settimane, sulla panchina blucerchiata potrebbe esser finita. Troppo rovinoso, oltre che improbabile, il capitomobolo interno - si fa per dire, visto che in realtà si giocava a Torino - contro il Vojvodina: uno 0-4 che non ha lasciato intravedere né reazioni a livello caratteriale, da parte di una Samp mai in partita sotto il profilo mentale, né tantomeno una benché minima impostazione tattica degna di tale nome. Una catastrofe onnicomprensiva, il cui responsabile, Walter Zenga, ha ammesso le sue colpe nell'immediato post-partita sotto la curva ed i tifosi arrabbiati. Anzi, infuriati, considerato che la possibilità di tornare in Europa, dopo 5 anni, è durata giusto qualche minuto. Quelli che hanno separato il fischio d'inizio dall'imbarcata.
Ferrero e Osti ne hanno parlato con Zenga, che dalla sua ha confermato che non intende dimettersi. L'unica chance che gli resta, però, se la giocherà a Novi Sad, considerato che, come spiegato dallo stesso Osti, "La squadra ha reagito nella maniera giusta alla sconfitta di Torino, a Novi Sad vedremo la vera Sampdoria". Il passaggio del turno è ormai solo una chimera, stanti le condiozioni iniziali, e difatti non è questo che si aspettano i vertici dei liguri: quello che Zenga dovrà dimostrare è che la sua squadra è quantomeno in condizione di offrire una reazione. Far gol, giocar bene, vincere e, magari, sfiorare il sogno chiamato rimonta, con annessa Europa League. Se tutte queste richieste non verranno esaudite, allora per il tecnico 55enne sarà esonero immediato. Con immediata chiamata per il suo sostituto.
La prima telefonata, Massimo Ferrero l'ha fatta, due giorni fa, a Vincenzo Montella, col quale il Presidente aveva già parlato dopo l'addio di Mihajlovic. Troppo costoso all'epoca, troppo costoso adesso: la Fiorentina, che ancora lo tiene sotto contratto, chiede i 5 milioni della clausola rescissoria e lui, che ne guadagnava 1.7 a stagione a Firenze, non è disposto a muoversi per meno di due. Un totale troppo gravoso per chi, in caso di esonero di Zenga, dovrà già pagare per 12 mesi, a vuoto, un tecnico, e poi accollarsi un ulteriore, ed oneroso, ingaggio. Ecco perché la scelta numero due non è tardata ad arrivare. Si tratta di Luigi Delneri: anche lui a spasso (e ormai dal 2013) dopo la fallimentare esperienza sulla panchina dei 'cugini' genoani, il 65enne sembra pronto a rilanciarsi alla guida della squadra con cui, dopo il Chievo, fece meglio. Arrivò a Genova nel 2009, centrando la qualificazione ai preliminari di Champions League che mancava da diciotto anni. Nel maggio 2010, l'addio, e il passaggio (altrettanto fallimentare) alla Juventus. Ora, però, in virtù delle basse pretese economiche (e, soprattutto, dell'ottimo rapporto con Antonio Cassano, il cui futuro, adesso, dipende anche dalla partita di Novi Sad), l'ipotesi torna a farsi calda: fuori causa, ad oggi, sembrano anche Donadoni - che ha rotto con Fantantonio a margine del caos di Parma - e Prandelli. Che, dalla sua, sarebbe ben felice di tornare a lavorare in Serie A, con Cassano, ma ha un ingaggio inaudito. Ecco perché, tra il sogno Montella, il preferito di Ferrero, e Delneri, il più facile da riportare sulla panchina, alla fine la terza via - quella della permanenza di Zenga - potrebbe addirittura avere il sopravvento. Ma solo se, giovedi sera, in campo dovessero scendere 11 leoni.