Luciano Spalletti in nazionale può voler dire tante cose. A guardarlo come fosse il prisma dei torti e delle ragioni si farebbe torto alla soddisfazione, pure da parte di Napoli e di De Laurentiis, per il coronamento di una carriera che all’ombra del Vesuvio ha consacrato l’allenatore toscano come le altre esperienze non sono riuscite a fare. In qualche maniera l’impresa del Napoli della scorsa ragione è arrivata fino alle scelte di una federazione che per decenni, invece, ha favorito un tipo di calcio che la società di De Laurentiis è stata in grado di contestare attraverso il successo sportivo.

Spalletti alla guida della nazionale certifica, ancora una volta, la scarsa sincerità di un mondo che non sa gestire la parola. Talvolta non sa trattenerla, nell’attesa che gli sviluppi e gli epiloghi rivelino i volti definitivi delle vicende maldestramente smentite nei cosiddetti e insidiosi tempi non sospetti. Perché le clausole contrattuali, le penali e i cavilli giuridici mai saranno in grado di sostituire quella che tra i passionali e gli appassionati si chiama fiducia.

Luciano Spalletti a Napoli si è contraddistinto per la sua grande perizia tecnica e per la sua capacità, soprattutto durante la corsa scudetto, di usare il verbo con efficacia e chiarezza, con contenuto e con abilità di fare coppia con la sostanza dei significati. Fino a un saluto che ha avuto il sapore della nostalgia intrisa del senso di gloria. Più facile da mandare giù. Più facile da volere bene. 

L’ingaggio da parte della nazionale, in fondo, non alimenta delusioni rispetto a rivalità calcistiche o delusioni di fondo, perché sia a Napoli che in Italia sono in molti a sapere bene che un allenatore come Spalletti per preparazione e personalità può rappresentare la scelta realmente fedele del meglio che la piazza può offrire.

Il rammarico, di second’ordine, è davanti al calcolo per cui l’anno sabbatico ha avuto durata breve, per un ridimensionamento del tempo che ha compresso i malumori di Mancini per un addio non del tutto condiviso e il ripensamento, quello di Spalletti, così rapido e prematuro. Il calcio è bugia? O, più semplicemente, incauta cautela.