Sono le 8 del mattino e in via Paolo Borsellino, raggi di sole si affacciano timidamente sulla terrazza di casa. L’aria è fresca, il
cielo terso, l’ora decisamente scomoda.
Siamo in 10. Cinque in terrazza, gli altri su Zoom. Non è come le altre volte. Modena, Bologna, Firenze, Genova,
Montemilone. Un gioco di schermi, microfoni, suoni.

La connessione internet è stabile, ma l’instabilità si palesa nei cuori, negli sguardi. Il giorno dell’asta c’è un’altalena che non
smette mai di dondolare.

Il banditore è sveglio da poco, ha la bocca secca, il caffè gli bagna dolcemente le labbra: “SZCZESNY”! Si comincia.
Nel quartiere regna il silenzio di un qualsiasi venerdì mattina, la signora che stende i panni al balcone, il rumore leggero di
qualche lavatrice in azione, il rumore di qualche auto lontana, la connessione è stabile, l’odore delle polpette fritte invade a
folate il tavolo di gioco.


Collegati da Firenze, ci sono il Carretta e il Guida. Il primo ama le rose lunghe, ha un tono disinvolto, pragmatico, frizzante.
Il secondo è più severo. Lui è il direttore megagalattico della competizione. Uno di quelli che la mattina quando apre
l’armadio trova le camicie a destra e le polo a sinistra.
Da Genova, in solitaria, stravaccato indefessamente per 10 ore intere sul letto, c’è il Santomauro. Su quel letto ormai ci vive
e ad un mese dall’asta credo non si sia ancora mosso da lì.
Da Modena, con la solita, distinta classe, il Tikilasa. Campione uscente, visionario. Colui che ha gli occhi che guardano oltre
il visibile. Ha scoperto Malinovsky e Kulusevky. È dietro la siepe di Leopardi.
Da Bologna invece, con il solito fare divertito, il Vallone. Incurante delle raccomandazioni legate all’uso di parole consone al
contesto, inaugura la sua prestazione con qualche uscita poco religiosa.

In presenza invece i volti sono più sereni. L’atmosfera è gioiosa ma dopo Arthur Melo la tensione sale a ritmi vertiginosi.
Il Tagliente arriva per ultimo con le sue certezze in tasca. Rialza l’impossibile, si prende di forza Osimhen e vola dritto alle
buste con un budget alla Abrahmovic.
Il Graziano fa offerte a caso, come sempre. Compra Dybala e Ibrahimovic ma si scorda di acquistare tutto
il resto.

La new entry è il Laccertosa. Arriva con l’entusiasmo con cui arrivano i ragazzini al primo giorno di scuola. Va via con la
grinta con cui smettono di lavorare i pensionati dopo 40 anni di fatiche.
Ma il vero mattatore resta il Lisanti. Brividi di freddo, mani che sudano al nome di Ciccio Caputo, la gioia dopo Barrow e
poi la fredda consapevolezza, a fine asta, di aver fatto anche quest’anno una squadra da 6° posto.

E poi c’è il Riccardi, che sarei io, che con la sua #MakeAsgardGreatAgain si arrampica agli slogan. Toni accessi, ambizioni
forti. Il fantacalcio come arte del possibile.

Tutto sembra andare nella direzione giusta, nonostante il disastro e la tragedia al di fuori di quella bolla di qualche ora che è
l’asta del Fantacalcio.

Ma ad un certo punto, inaspettatamente, come qualsiasi cosa provata a fare nel 2020, il rumore del Flex del nonno, andato
in pensione già 15 anni prima, trasforma un piacevole e sereno aperitivo in terrazza in un bordello di rutti e urla, distorsioni
e disconnessioni che fino alle 19 della sera,
accompagneranno quel venerdì folle in quel pezzetto di terra ancora
fortunatamente incontaminato dalla minaccia del Virus.


Avanti tutta.
Buon Fantacalcio a tutti voi!

Nicola - La mia Lega Fantacalcio