Non ridete per il nome della squadra dove ha giocato Mika Aaltonen, che è già una bella fatica ricordarselo. Il Turun Palloseura, compagine finlandese, venuta “giù”, una sera, nella “bassa Europa”, per guastare il pronostico secco e asciutto di un mercoledì di coppa.


Sedicesimi di Coppa Uefa, ottobre 1987, a San Siro c’è Inter - Turun Palloseura. I nerazzurri giocano come meglio sarebbe dimenticare, e allora i finlandesi giunti in allegria, si guardano intorno e capiscono che il loro nome potrebbe ricordare qualcosa da prendere sul serio. Il più serio di tutti è Mika Aaltonen, centrocampista proveniente da quel nord Europa dove nevica pure sotto i pensieri. Nel bel mezzo della partita, Mika prende palla a centrocampo, avanza e lascia partire un destro fortissimo che si abbassa nel sette della porta difesa da Zenga. Il Turun vince uno a zero e il disturbo al pronostico è bello che riuscito. Così riuscito che Ernesto Pellegrini, presidente interista, digerisce la sconfitta con signorilità, guardando l’aspetto positivo della disfatta, e comprandosi l’autore di quella prodezza. L’Inter acquista Aaltonen sicura di aver scoperto un nuovo campione.

Ma se l’allenatore si chiama Trapattoni, allora la vita dei fenomeni d’oltremare è destinata a complicarsi. Il Trap con la puzza sotto al naso e il palato fine, guarda Mika il finnico da vicino e capisce che forse sarebbe meglio mandarlo in qualche avamposto di provincia, per meglio saggiarne capacità e forza d’urto, giusto per evitargli i “traumi” della serie A italiana. Allora, il Mika col cartellino nerazzurro, finisce per disputare una decina di partite in prestito al Bellinzona, squadra svizzera senza grandi pretese, rispetto a quelle del Trapattoni diffidente.

Dopo la breve parentesi svizzera, Aaltonen torna in Italia. Veste la maglia del Bologna di Maifredi, laddove il calciatore finnico sente più odore di Accademia che di pallone. E già, perché nella Bologna “grassa” c’è un’università che fa gola a molti, e al centrocampista finlandese non par vero di potersi dedicare a quella che forse è la sua più grande passione. Lo studio. Frequenta la facoltà di Economia e Commercio, scappottandosela dagli allenamenti per andare a seguire i corsi e chiudersi nelle biblioteche, mentre il suo score personale somma in tutto quarantacinque minuti di gioco e tre presenze. Un tempo solo, per quella sommatoria che lo definisce più un mezzo bidone che una scoperta di mercato.

Si vede talmente poco, che nessuno riesce a capire come giochi. Qualcuno ipotizza che sia così inadeguato, che gli allenatori preferiscono non schierarlo nemmeno. Lui, però, è imperturbabile. Studia e si tiene stretti i suoi progetti per il futuro. Mika viene dal nord che bilancia gli estremi della luce e del buio. Conosce bene le formule per nascondere e convivere con le sue più intime intenzioni. Ammira Cruijff, col quale ha avuto pure il piacere di allenarsi, Gordon Hill, del Manchester Utd,Diaz e mezza Inter della seconda metà degli anni ‘Ottanta. Si capisce che Mika nel pallone ci è finito quasi per caso, chissà, forse incantato da un mondo che non gli consente di esprimere un talento perché quello a lui più cingeniale Mika non lo ha ancora trovato.

Gli anni ‘Ottanta trascorrono pigri e senza soddisfazioni per il bluff comprato da Pellegrini. Aaltonen lascia pure il Bologna e inizia a girovagare per il mondo in cerca di un’identità. Dentro il Mika calciatore si nasconde il santone che hanno scaraventato fuori dall’India, e adesso vagabonda per mezzo pianeta in attesa di farvi ritorno. Una stagione, pure questa anonima, con l’Herta Berlino, e poi l’Aaltonen da ritrovare indossa le casacche di squadre dai nomi incomprensibili e di acronimi sconosciuti che sembrano più sottomarche di televisori. TPS, Hapoel Be’er Sheva e TPV. Un rebus s’incastra per sempre nella carriera di calciatore di un “indesiderato”. Eppure, con il TPV e il TPS vince un campionato e una coppa finlandese. Pure lui colleziona un paio di soddisfazioni, prima che il destino gli riservi i successi che la sua più vivace vocazione aveva coltivato quasi in segreto.

Appese le scarpe al chiodo, Mika sfodera la sua scienza, facendo funzionare come pochi la laurea in Economia. Poco a poco si afferma come stimato esperto della disciplina, diventando docente presso l’Università di Turku, membro del Dipartimento di Scienze tecnologiche di Helsinki, di autorevoli organismi scientifici statunitensi e responsabile di importanti progetti di ricerca. Il suo nome di economista fa il giro del mondo, e non perché costretto a cambiare ogni volta squadra, ma perché stavolta Aaltonen è più desiderabile che mai, persino allo Speakers Forum, dove hanno facoltà di intervento un ex presidente e un ex segretario degli Stati Uniti. Insieme a Mika, hanno lavorato personaggi come Clinton e Madeleine Albright.

Sul nome di Aaltonen, hanno addirittura ipotizzato una candidatura al Premio Nobel. Magari chissà, Mika Aaltonen ai tempi dell’Inter e del Bologna erano due. Uno a cercare di giocare a pallone tra i grandi, l’altro a studiare economia per entrare nella storia. Forse ogni sera si saranno pure incontrati per chiedersi, “come è andata oggi?”.